Immaginate l'estro di David Byrne rinchiuso in un corpo femminile; ora immaginate un musical sfarzoso e barocco in stile Broadway, interrotto da chitarre a tratti distorte e dissonanti. Questo è parte di ciò che incontriamo durante l'ascolto di "Strange Mercy", terza fatica discografica della giovane e bella Annie Clark, in arte St. Vincent. Dopo anni di gavetta (nella coral/pop band Polyphonic Spree prima e al fianco di Sufjan Stevens poi) nel 2007 arriva al debutto discografico con "Marry Me" seguito 2 anni più tardi da "Actor", disco che permetterà alla songwriter di Tulsa, Oklahoma, di raggiungere una popolarità ed un consenso sempre più ampi. I grandi maestri del giallo ci hanno sempre insegnato che "tre indizi costituiscono una prova", e Strange Mercy arriva come la più piacevole delle conferme, la prova che St. Vincent c'è e non è più un'esordiente, ma anzi una realtà dalle basi solide e dalla credibilità massiccia. L'approccio alla composizione è lievemente mutato nel corso degli anni, la prevalenza del nervosismo degli esordi lascia spazio all'estro compositivo e alle atmosfere dilatate più avant-pop rendendo ancora più incisive le parentesi distorte ed i ritmi sostenuti. I tappetoni sintetici di "Chloe in The Afternoon", dalle chiare influenze bjorkiane, ci introducono in un disco che fila liscio dall'inizio alla fine nella sua eterogenea alternanza fra battiti disco (il singolo "Cruel" e la sinteticissima "Hysterical Strength" ne sono 2 validissimi esempi) e tracce in cui la presenza della chitarra emerge in maniera evidente, decisa, con un approccio mai banale (il "piacevolmente infinito" crescendo di "Northern Lights", la semi-dilatata "Neutered Fruits" ricca di cori e vocalismi, la straordinaria "Surgeon" dalle atmosfere sognanti, a mio avviso punta di diamante del disco). Personalmente, ma è un giudizio assolutamente soggettivo, risento un po' della quasi totale mancanza della sezione fiati che mi aveva fatto innamorare di St. Vincent qualche anno fa al primo ascolto di "Marrow", ma questo è un dato che, nella complessità di un disco come questo, risulta abbastanza trascurabile. In conclusione "Strange Mercy" si presenta come un disco ispirato, di grande spessore qualitativo e compositivo, un ulteriore capitolo positivo nella carriera della giovane Clark che, con un altro album a questi livelli potrebbe davvero trovare un posto prenotato al banchetto dei grandi della musica alternativa. Gli amici Justin e David (Vernon e Byrne, con i quali ha collaborato nel corso degli ultimi anni) stanno già aggiungendo un posto a tavola.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: 4AD
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.