lunedì 30 gennaio 2012

Walking the Cow – Monster are easy to draw (Recensione)

Walking the Cow – Monster are easy to drawLa giovane Label White Birch Records con questo primo lavoro discografico “Monster are easy to draw” dei fiorentini Walking the Cow potrebbe diventare un albergo di lusso, un bel refugium a cinque stelle per tutti gli straniamenti eccentrici, magari anche rei e peccatori, di cose musicali straordinarie che nell’underground che ci circonda sgomitano per un posto al sole; questi fieri cosmogonici musicisti inseguono bizzarre, allucinate direttrici e visioni pop rock che continuamente fanno capriole di tutto rispetto in abluzioni folk, pulviscoli alt-South e lisergie cantautorati, un inseguimento ora tattile ora inafferrabile che percorre tutta la tracklist come una febbre birichina, innocente che arriva a fare tenerezza.
I WTC disegnano un bel disco spaiato, fuori schema e bolla, costantemente sulla scia “lunaire” paradossale che tanto ci cattura e ci fa girare la testa perché all’ascolto il salto di qualità – rispetto a tantissime altre proposte - è netto al punto di disorientare anche i grandi caproni della critica barbina, di quelli che godono maciullare carne fresca sulle astanterie asettiche del falso bon ton di note; la voce di Michelle Davis che guida alternando un “vissuto timbrico” paragonabile alle starlett dell’R&B a sofficismi dream-pop l’ottimo caracollare dell’album non fa altro che alzare le quotazioni di tutto dentro un perfetto zig zagare tra liquidità tween “River P.”, nella circonferenza languida e beat “Movin’ things”, dietro l’angolo della provincia Americana della Osbourne fluttuante “Jesus (buy some porn)” o nelle chicche folk-ancient che circondano “Barry”.
Tracce che hanno la bellezza di parlare direttamente all’immaginazione, senza usare sfacciataggine o grossolanità, dirette moltiplicatrici di sogni e listening come l’odore di mais e watermelon succosissimi che si captano tra il banjo nella dolcissima atmosfera field “Nightknoking” e più in la nello spampazzante indie-rock che in “Grandchildren are weired” esplode come quelle scatole col jolly a molle che viene fuori e batte quattro tra malinconie e sangue caldo
Senza ombra di dubbio, un “felice acquisto” questi toscanacci sonici, che in quattro e quattr’otto tirano fuori un disco in cui voi all’ascolto potreste trovare – e le troverete – meraviglie sottosopra che al terzo o quarto giro di giostra vi farà divorare con piacere anche la plastica di cui è fatto.

Voto: ◆◆◆
Label: White Birch Records

2 comments:

Anonimo ha detto...

sonici?!?! in che senso? ahahah

Anonimo ha detto...

LE MAMME DEGLI IDIOTI SONO SEMPRE GRAVIDE, UN FETO MALATO A SCRITTO SOPRA DUNQUE LA MADREA HA FIGLIATO DA POCO AHAHAHAHA

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