Il fido Ryan Vanderhoof , che senza dubbio alcuno fu lui stesso a “reggere” musicalmente tutta la struttura sonante degli Akron/Family perlomeno fino al 2007, è stato additato – dopo aver sbattuto in faccia e sonoramente la porta al resto della band dell’Oregon - di essere l’unico colpevole del declino, della caduta, del fall-down totale di questa formazione pseudo frikkettona, che ora giunta al suo settimo disco in studio “Sub Verses” cerca di rattoppare la falla, ma è considerevolmente gravoso, assolutamente fuori logica che il disco possa reggere di nuovo il confronto con una creatività dissipata e oramai fuori gioco per sempre.
Un lavoro discografico rivolto all’interno di sé, solamente un esercizio di stile che si rivolge prettamente a pastorali psichedeliche di stampo Floydiano con risvolti alla Animal Collective, Flaming Lips per arrivare addirittura alla corte di certi Vampire Weekend, tracce che anche se hanno una perfetta tenuta di arrangiamenti sono lontanissime ed ingarbugliate dalle folklerie di vecchio stampo, e che ci hanno fatto conoscere questa band come tra le più promettenti (allora) dell’intero panorama alt-folk; ovvio che lo sbalordimento per la partenza dell’ispiratore massimo non è stata metabolizzata, e la formazione americana si ritrova a fare i conti con sé stessa, ma non ingrana, gira a vuoto tra pindarismi e bruciature drogate, arie allucinate che non rendono atterraggio o quanto meno una parvenza di esso, tutto è a mezz’aria ma con moltissime zavorre che impediscono, per almeno, andar più in su.
Cinquanta minuti e quasi cinque secondi di atmosfere ridondanti di pieghe o tatticismi innocui, che trasportano sulle spalle di un weird-folk svolazzi senza baricentro “Way Up”, una battaglia noise inspiegabile “Sand Talk”, frenesie etniche Bantù “Holy Boredom” ed un rock primitivo con influenze dubstep “Whole World Is Watching” che fa immediatamente abbassare a forza il loud sia allo stereo sia all’orecchio oramai esausto di questa mercanzia gratuita e senza la benché minima forza d’interesse totale. Gli Akron/Family non hanno più bussola davanti agli occhi, vanno di loro su percorsi stranianti che è poi il significato duro della loro fine anticipata, un vero peccato, ma lo spazio è talmente saturo di queste formazioni che magari un ricambio salutare è d’uopo, tanto se arrivano dischi così è come se arrivassero leggere coliche di fegato impreviste.
Avanti un altro Grazie!
Voto: ◆◆◇◇◇
Label: Dead Oceans
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