sabato 8 giugno 2013

Iggy Pop and The Stooges – Ready To Die (Recensione)

Non c’è proprio nulla da fare, più lo si crede ad un passo dall’abdicare e a godere la meritatissima pensione d’oro e qualcos’altro, dopo aver toccato cieli insondabili e crateri abissali, droghe e rinascite, e più si rimaterializza. Iguana Iggy Pop torna con gli indimenticabili Stooges a bacchettare con grandi lezioni di stile il rock mondiale, e non lo fa come potrebbe credersi con i sermoni meditabondi dei buoni proposti, ma con l’arroganza di una sempre sua nuova gioventù, che, nonostante i suoi sessantasei anni è lì, ancora a tormentare di grande rock-garage il globo intero e la storia della musica.
Con un fisico pelle ossa e i capelli biondi per l’effetto dell’acqua ossigenata, l’ossesso per eccellenza con i suo ritrovati masnadieri di una vita scapestrata e ribelle arriva col nuovo disco “Ready To Die”, l’ennesimo capitolo di un artista che ha molto sangue ancora da versare per la causa del rockerama generale, ancora molto da scatenare: undici tracce a ganassa stretta, una dimensione canaglia in cui l’artista americano pare fregarsene – e lo fa certamente – dell’età che a questo punto è solamente una fisima anagrafica, e lo si sente da questo disco affamato di elettricità e di volumi altimetrici, dal morso blindato di ballate e corse all’affanno che in poco più di trentasei minuti spaccano cuore e loud, l’accoppiata vincente con la quale Iggy ha sempre fatto tesoro e marchio.

Tracklist di “boom riff” e ballatone toccasana per l’udito, un Iggy Pop che pare ritornare alla gioventù Detroitiana della sua era, l’incazzatura iconoclasta che ustiona “Burn”, la coscienza sociale  allarmata “Job”, “Gun”, i denti scoperti sugli anni 50/60 al vetriolo “Dirty Real” e “DD’s” e quell’assolo di chitarra che entra nelle viscere e ci si rivolta a mò di verme solitario “Beat That Guy”, l’unghiata profonda di una figura basica dell’evoluzione pancreatica del rock dei primordi e che approda al nuovo millennio con la potenza maledetta – al contrario di quella perbenista e trendy delle nuove ondate – per restarci ancora, a tempo indeterminato.
Vecchietti un cazzo viene da dire, qui la classe sporca ma non deteriorata è alla gamma delle mega creazioni, loro lo sanno e fanno finta di nulla anzi titolano il disco “pronti a morire” come a scarnificare l’immaginazione collettiva del tempo che scorre inesorabile, e magari qualche povero idiota ci va pure a credere come se non sapesse che l’Iguana è morto mille volte e mille volte + una è sempre resuscitato. Povero idiota veramente chi lo crede.

Chi cerca un qualcosa di selvaggio è il benvenuto!     

Voto: ◆◆
Label: Fat  Possum Records

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