“E so qual è il segreto: il
rock‘n’roll è uno sport adolescenziale, che deve essere praticato dai teenager
di tutte le età; possono avere 15, 25 o 35 anni. Quello che conta è che abbiano
l’amore nel cuore, quel meraviglioso spirito da adolescenti”. Questo asseriva
convinto intorno al 1979 Calvin Johnson, eterno adolescente indolentemente
sbruffone; io non posso sentenziare cosa i Cayman The Animal abbiano nel cuore
né se, in fondo, ne abbiano uno. Ma l’ecocardiografia dei cinque importa poco
perché, sebbene l’adolescenza per molti di noi sia innegabilmente morta da
tempo, l’odore del suo corpo in decomposizione ha comunque una certa dolcezza.
L’ansia pressante è qui preferibilmente
tradotta in essenzialità melodica, come nell’incipit di Cayman JR o nella frustrazione a intermittenza di "Killed by the golden
gun", il cui impertinente gemito svogliato
si arrotola in un’insistente cantilena che grava molesta sul guaito della
chitarra; dopo la destrutturata Next "Stop Orte", l’impeto si frantuma in "I say Prévert –
You say Pervert", come uno schiantarsi che
implode e si accascia. La chitarra di "Here Comes The End Part II" affiora con il ronzio di un’emissione di corrente,
che innesca l’indolente tormento suggellato dal vagito indolente del cantato,
mentre "Donkey Man" sputa amarezza
senza esitazione, nel coro da asilo per girotondi indispettiti che precede il
frastornato epilogo. L’abbattuta malinconia di "Shiny Happy People
Dying" slitta dall’iniziale lenta
introversione a un ruvido abbandono, che naufraga in una desolata dilatazione
come materia espansa tra la chitarra afflitta e l’eco strozzata della voce; lo
sconforto indifferente è rovesciato nel capriccioso urlo bambino di "Rock‘n’Roll
Icecream (Poor Biscottino)": l’ilare
invettiva contro la lucrosa collaborazione tra Marky Ramone e i suoi amici
morti evita di essere catchy per
un soffio, finendo per diventare sfacciatamente "bubblegum" e convincendomi che, dopo tutto, le Converse che
indosso dal liceo non sono troppo logore e sfondate.
Opportunamente, una cacofonia
autodissacrante aleggia sull’intero lavoro, intervenendo a rovinare la festa
con la salutare ironia che contraddistingue i Cayman: sono talmente abili nello
sfuggire all’autocompiacimento, che alla fine mi chiedo se, in realtà, non sia
necessario l’impegno più radicale per potersi permettere di dar l’impressione
di non prendersi sul serio affatto.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Mothership Records/Annoying Records/Sonatine Produzioni.
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