Da Bristol non si esportano solo
le nenie ovattate dei Portishead o i mantra urbani dei Massive Attack; la città
predilige da sempre anche forme di alienazione sonora più ferine, come il Pop
Group con i suoi eccessi di primitivismo militante, i Pigbag e i loro deliri
free o il brutale funk algido dei Glaxo Babies. Il suono inumano e
riecheggiante dei Fuck Buttons è affine per il diffuso senso di minaccia e per
l’inesorabile ossessività, ma la reiterazione mira a dilatare aperture spaziali
in cui smarrirsi, piuttosto che circoscrivere cunicoli claustrofobici; il
profondo risuonare in molteplici direzioni è la materia in cui il duo plasma il
proprio microcosmo di particelle elementari, all’insegna di un riduzionismo operato
tramite droni e distorsioni.
La ripetizione di scuola Neu!
tratteggia una mappa stellare disorientante: nell’iniziale "Brainfreeze" le percussioni martellanti come barili si
intersecano a rumorosi pulviscoli e alle lame del synth che, dopo i primi minuti, si alza di un’ottava e si modella in
stalattiti acuminate di pianeti inospitali; "Year of the Dog" lancia un codice morse di gocciolii gelidi che si
infittiscono in un diluvio ansiogeno, celando appena le reminiscenze Moroder
della pulsazione sottostante. Il lavorio che leviga materiali extraterrestri in "The Red Wing" dimostra l’efficacia
straniante dell’espansione spaziale: non è solo l’essenzialità di suoni
scolpiti come solidi geometrici a garantire il senso di oppressione e
stordimento, ma anche l’evaporare multidirezionale di masse gassose
nell’indefinito siderale. "Sentients",
con il suo gracidare ritmico adagiato su una via lattea sintetica, ha il potere
di produrre un’ipnosi artificiale; dopo l’handclapping alieno di "Prince’s
Price, Stalker" si apre con il lamento di una segheria postatomica,
per poi diluirsi in un richiamo interstellare. Non sono concessi vuoti nella
filigrana sonora costante: il senso di saturazione permea l’intero lavoro del
duo sino alla rarefatta epicità della conclusiva "Hidden Xs", in cui una successione ripetuta di scie avviluppate
sancisce l’omogeneità sonora complessiva.
Slow Focus è un corpo celeste dalla consistenza aeriforme, la
cui composizione è solo apparentemente interrotta da varchi: a ben guardare,
ogni elemento atomico è compenetrato da quello adiacente, in un’inestricabile
trama che non lascia momenti di tregua.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: ATP
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