Petali Ridenti, un EP con 4 pezzi, (leggi la recensione) aveva rivelato al mondo (musicale) le notevoli capacità compositive del quintetto napoletano Mathì.
Oltre che la musica evocativa, colpivano i testi, lirici e che ci riportavano alle poetiche di inizio secolo scorso.
Qualche mese fa, è arrivata la loro seconda opera composta da 6 brani “concettuali”, che hanno come filo conduttore l’“(In)Quiescenza” del titolo.
“(In)Quiescenza”, gioco di parole a dire e negare, come foto (quelle “analogiche”) con i loro negativi e positivi.
Quell’”in” messo tra parentesi a negare la quiescenza, il rendere un significato opposto.
Giochi di luci ed ombre.
Musica e testi sono un tutt’ uno.
Per cercar di spiegare chi/cosa sono i Mathi, beh immaginate che il vulcano islandese (causa di notevoli problemi un paio di anni fa per la sua improvvisa eruzione) dal nome che è un codice fiscale per dislessici, in effetti si chiami Vesuvio oppure che a Pozzuoli non ci siano solfatare ma geyser. E ancora, prendete uno shaker e mettete dentro Branduardi ed i Sigur Ros, miscelate e vedrete che non si tratta di una soluzione ma di una emulsione che, facendola riposare (una sorta di “quiescenza”, appunto), rivelerà 2 strati distinti e sovrapposti che hanno solo un’area di contatto: lì possiamo trovare i nostri amici.
I testi ci confermano la fertile poetica di Francesco, sorprendente nella costruzione, ermetica (non è un caso che Montale sia il suo autore preferito), a volte amara “Qualunque essere vuol conoscere il principio/e di esso io mi rivestii/Bene posso dire ora cosa vi trovai:/un vuoto colmo di Nulla” ("Il Muro"), a volte evocativa “Segue la Notte/pallido splendore/manto di corone e sirene/Giunge la quiete/osceno silenzio/ruvido immenso./Tra mille fuochi in emblemi incastonati/sono io la torcia più ardente/di ansietà infinita e niente più” ("Segue la Notte"), ma anche dura “Abbandonate le fedeli catene,/maciullerò la tua testa,/dimenticando le mie pene,/sarai la mia tela mesta./Avanti vermi e molluschi/abbiate fame del serpente!/Accorrete dai muschi/velocemente” ("La Serpe") e dolce e (quasi) sacra “Alla Tua venuta è senza mani/la salita vorticosa verso l'aria,/fredda e umida,/vaga nell'oscurità un frammento irregolare/di aurea primordiale che/ti prende e poi ti strazia dentro,/ti colora,/immagina, mesce l'aria,/un'onda che ti scioglie e poi/ti stringe il labbro, ti odia e poi adora,/ti tiene./Come sogno danzante, ti vedo./Io non ho mai toccato il cielo” ("La Mano Di Dio Sulla Mia Schiena").
Un disco insomma che incanta, che fa riflettere su noi stessi e sulla nostra esistenza, ma anche su quella degli altri che ci circondano, che emoziona e lascia (in)quiescenti di fronte a cotanta delicata e manifesta bellezza.
Etichetta: Controrecords
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