E’ un disco che prende
per le orecchie e non molla mai la presa. Stiamo parlando di una forma musicale
molto, ma molto intraprendente, un mix di spacey, psichedelica, sbornie di
gruppo e deliri di massa che atterrano direttamente da So You Are..So You’ll Be,
secondo lavoro dei White Hills, band
di Brooklyn con forti discendenze Hawkwind
per quanto riguarda la “stirpe” e cosmiche per quanto concerne le traiettorie
alieno-soniche.
Già promettente e
ambita sonorizzazione di film come Only
Lovers Left Alive del regista Jim
Jarmusch, la tempra elettrica della band è un continuo e vorticoso “andar
per stelle” che se all’inizio può sembrare squinternato, poi, a seconda delle
evoluzioni, esce direttamente dai dubbi per entrare in gloria a chi si è
sintonizzato con esso, e da lì in poi è tutta una cadenza in alta definizione che sembra uscita da uno
strano mix di sci-fi in versione elettrificata e un flusso garage-psich, un
disco marziano che fa provare – in una manciata di minuti – sensazioni e sciami
extra-terrestri.
Fuzz, deviazioni di
watt, decadenza anni Settanta, i Chrome
che occhieggiano da dietro ogni angolo della tracklist, e tanto magnetismo
accelerato donano all’ascolto quell’appartenenza ambientale quasi in 3D che è
poi difficile scrollarsela di dosso, una contaminazione interstellare che in
nove tracce sgrana anche quel romanticismo trascinante alla Curved Air che tanto fece in anni non
sospetti per la causa dei “viaggi mentali indotti”, e che ora con i White Hills
viene riportato a galla (nel vero senso della parola) in una sostanziale
riappropriazione degli spazi, dell’onirico e degli invisibili ambienti
siderali.
Si, un disco ibridato
al mille, mistero e materia plasmabile
si uniscono in trascinanti excursus dilatati, nel caos amperico che dilaga in In Your Room, l’abbozzo beat che
circonda la titletrack, il dettaglio rumoristico di Out Words, il motorik Hendrixiano che vaga dentro Rare Upon The Earth o nelle battute
rock che MIST (Winter) rilascia come
un arrivederci in chissà quale parte dell’infinito Infinito, il resto è cronaca
di woofer e coni allucinati, un ascolto/Enterprise che aizza ricordi e forse
nuove frontiere da visitare. Per attenerci all’ora come presente quello che si
può aggiungere – oltre i suoni e i rumori – è quella famosissima frase che
diceva…Telefono…Casa!!!
Musiconauti, fateci su un bel giretto coraggio, ne
vale la pena!
Voto:
Thrill Jockey 2013
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