martedì 21 gennaio 2014

Farglow - Meteors Remotes (Recensione)

Non è facile fare post-rock. Non puoi semplicemente dire "io faccio post-rock" solo per farti il figo. Magari non sai nemmeno cosa sia il post-rock, sei partito che volevi imitare i Radiohead e ora ti ritrovi a fare musica di merda. No, non si fa così. Come si fa? Si fa come hanno fatto i Farglow, "[...]che hanno deciso di fare le cose con calma, di guardarsi dentro, di provare a sintetizzare un composto che voli alto come le meteore ma che, a suo modo, sia pop come un telecomando. Un composto che non sia il solito post-rock dilatato, ma che scali continuamente di marcia, che generi sensazioni discordanti, che abbia la bellezza fredda e indecifrabile di un parco giochi di provincia."

Detto, fatto. "Meteors Remotes" rappresenta il piacere, la fruibilità istantanea di un post-rock dotato di nuova linfa vitale. Meteore in viaggio in uno spazio reale e non più immaginario. Materia tangibile fatta di rigore, precisione, freddezza (alla larga accezioni negative) ma anche di sentimento, di trasporto, di cuore. Grande saggio chimico in cui elementi apparentemente immiscibili diventano una perfetta emulsione, dando vita ad un qualcosa di quantomeno inaspettato.
Vince la maturità stilistica di quattro ragazzi veronesi.

"Death" è il manifesto di tutto ciò: inizio "in medias res", il pezzo procede scandito, inarrestabile, certosino come un file midi, batteria sugli scudi.
"Playground" e "Type 'n' Speak" possono catapultarvi sul palco con i Genesis di Peter Gabriel, così cariche di sentimento e di virtuosismo, segnali di una spiccata sensibilità che abbraccia la volontà di andare "oltre", di regalare al pubblico un prodotto davvero fresco. La volontà non basta però, ci vogliono anche le capacità. I Farglow dimostrano di possederle. "Cob Swan Race" sfoggia un intro a-là Explosions In The Sky, per poi addolcirsi, per poi farsi più ruvida, per poi rivelare un bridge e una coda intensissimi. "Super Red Carpet", ancora, dimostra di poter competere addirittura con le maggiori hit dei texani di Austin, ergendosi a vero cavallo di battaglia del lotto.
In determinati episodi (frequenti) l'aggiornamento del suono viene effettuato tramite l'adesione a stilemi chitarristici caratteristici del grunge/shoegaze (Smashing Pumpkins su tutti) di inizi anni '90 ("Behavioral Therapy", caratterizzata anche da electro-ricami, e la già citata "Death") incastrati sapientemente negli ingranaggi post-rock che, in ogni caso, rimangono il cuore pulsante del disco.
Interessante chiusura dark/pop con "Radio Ganymede": pianoforte preso in prestito dal Corgan di Adore, batteria sincopata ed indemoniata as always, etere misto a buchi neri ed eccovi servita la fine del vostro viaggio.

Inghiottiti in un vortice.

Voto: ◆◆◆◆◇
Label: diNotte Records


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