lunedì 12 dicembre 2011

Buen Retiro - In Penombra (Recensione)

Buen Retiro - In Penombra

In Penombra è il quarto album dei pescaresi Buen Retiro, una sorte di concept basato sul contrasto luce-oscurità/amore-odio; l'ambiente descritto a seconda delle suggestioni luminose trasmesse all'uomo dalla luna, metafora dell'evoluzione dei rapporti e dei sentimenti tra esseri umani nello scorrere inesorabile del tempo. Sospesa al centro dei due estremi, la penombra appare quasi un limbo nel quale rannicchiarsi, luogo conosciuto dell'anima dove dar rifugio a sé stessi per poi lasciarsi in seguito trasportare dalla deriva degli eventi. Il quartetto abruzzese dà atto della propria genuinità crepuscolare attraverso un post rock etereo in virata sonica. Tracce che non appaiono mai asettiche, grazie ad una gran cura dei particolari e perenne ricerca d'atmosfera, vengono avvalorate da uno splendido spleen a lasciar trapelare gelidi bui tra silenzi rotti da un uso quasi tribale del comparto ritmico e vibrazioni infinitesimali su sfondo lontano. Una cura timbrica che, seppur debitrice per certi versi ai Marlene di Godano, dona grazia ad un album poetico e convincente. La produzione di Amaury Cambuzat (Ulan Bator, Faust), noto frequentatore di casa De Ambula, è sinonimo di garanzia nell'esaltare il chiaroscuro emozionale dell'opera nella compattezza di un sound ferale ad ingabbiare la psiche. Fin dal principio, con la partenza marziale di “Canto Primo”, immersione tra le tenebre di un pessimismo cosmico (“...Più nell'oscurità io rimarrò ma volgerò il mio sguardo cupo. La pioggia, il vuoto sono il mio cielo “...”) e il tema della speranza di “Quale Luce”, si pongono le basi a quel continuo scontrarsi tra piani di natura dicotomica. Le inerzie slowcore (“Negli Angoli” e la poetica e bellissima “Montagne”), le strumentali "esplosioni nel cielo" ("Xenon"), gli accenti shoegaze (“O Cebreiro”, “Gaia”), le sperimentazioni su sentieri ambient (“Finis Terrae”), gli assalti ferali a la Massimo Volume (“Penombra”), sono tutte conferme di un flusso sonoro inarrestabile, un viaggio Dantesco nella propria personalissima selva per poi uscire a riveder le stelle.

L'unica pecca da ricercare potrebbe apparire quella di un cantato non valorizzato al massimo, spesso a sussurrare in modo spettrale alle nostre orecchie liriche struggenti, mancante di una certa incisività. Per il resto i Buen Retiro centrano il bersaglio e ci donano uno degli album più rappresentativi di questo fine autunno.

Voto: ◆◆◆
Label: De Ambula Records


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