martedì 4 marzo 2014

Vintage Violence - Senza Paura Delle Rovine (Recensione)

Si parte e si torna alle rovine. Come quelle che fanno bella mostra di sé nella cover dell'album, consapevoli che la verità ce la dobbiamo cercare lì in mezzo, senza averne paura mentre andiamo incontro alla fine. E' un percorso studiato quello dei Vintage Violence, che in 13 schegge veloci (quasi esclusivamente sotto i 3 minuti di durata) ci portano a spasso per le rovine del nostro paese, dipingendolo con sarcasmo ed intelligenza. E poesia, perchè no.
Non poesia altolocata però. I testi di Rocco Arienti sono ancora più piacevoli perchè ci fanno sentire eroici nella sconfitta, con quel piccolo barlume di speranza che si vede là in fondo e che ci fa andare avanti. Passando inverni a sigarette e Joy Division, “cantando canzoni per chi muore, come una bomba fatta esplodere nel sole”: la voce di Nico, ne “I Funerali”, ti invita a seguirla in quel canto, finchè non lascia spazio ad una marcetta funebre energica e da pelle d'oca, accompagnata dal sax di Enrico Gabrielli. Ci invitano ad essere neopagani e neodecadentisti fino in fondo, “perchè nel tramonto è il sol dell'avvenire” (“Neopaganesimo”), outsider come i non frequentanti di cui cantano nell'omonima canzone, condannati a file sul treno prima di farle fuori dall'Adecco perchè “la mobilità sociale è per chi non ne avrà bisogno”. Piccole istantanee di un disco in cui poche parole sono messe in modo sbagliato, e i suoni non sono da meno. I cambi di ritmo convulsi dell'iniziale “Primo Ostacolo”, in cui si apprezza in modo particolare la batteria tarantolata di Beniamino Cefalù, la carica quasi punk mischiata ad un finale da orchestra di liscio dello sfogo “S.I.A.E”, la forma contorta e mutevole di “Metereopatia”: i Vintage Violence sono il gruppo rock che ti aspetti che fa cose che non ti aspetti, non hanno sonorità così fuori dall'ordinario ma il loro suono è comunque riconoscibilissimo, a volte divagano troppo (“Capiscimi” si apre con tecnicismi male amalgamati col resto e si chiude in maniera poco efficace, la strumentale “Il Mare” coinvolge solo a tratti) o cadono in qualche stereotipo (“Abbronzarsi Il Culo”, sull'apparente inutilità di fare musica senza venderselo), ma ne escono comunque a testa rigorosamente alta.

Senza Paura Delle Rovine è un album per tutti: ha il potenziale per piacere a chi cerca qualcosa che sia d'impatto e ti si stampi in testa velocemente, come a chi cerca qualcosa di non banale e arrangiato con gusto. Un piccolo miracolo, ancora meglio di quei Piccoli Intrattenimenti Musicali con cui mi avevano stupito un paio d'anni fa all'incirca. Ho solo un rimpianto ascoltandolo: non vorrei che il miglior disco dell'anno me lo sia già bruciato a gennaio.

Leggi qui la loro intervista.

Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Maninalto

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