Dopo aver divorato il precedente Opera,
ed essermi fatto venire l’acquolina in bocca con l’antipasto fornito dal
Metamorphosplit condiviso con gli Ornaments,
attendevo ansiosamente di affondare i denti nella nuova fatica degli Zeus!, al
secolo Luca Cavina (basso) e Paolo Mongardi (batteria). L’unica
traccia con cui hanno partecipato allo split uscito questa primavera era
infatti già da sè fonte di assoluta curiosità, vista la natura estremamente
dilatata ben distante dalle atmosfere sonore parossistiche solitamente
intessute dal duo a più alta gradazione di sudore su di un palco. Incuriosito
dalle possibilità che questa vena sperimentale potesse portare, e al contempo
timoroso (in maniera molto moderata in realtà) di una svolta troppo radicale
che staccasse in maniera esagerata da quanto apprezzato in precedenza, mi sono
quindi gettato a capofitto nell’ascolto, per poi rimanere per due settimane
privo di questi brani causa rottura di pc e chiavetta usb contemporaneamente.
Niente Motomonotono dalle casse del pc, niente Motomonotono dalle casse della
macchina: ma questi, converrete, sono cazzi miei di cui anche sticazzi (detto
alla romana).
La scampagnata con gli Ornaments
ha sicuramente lasciato qualche rimasuglio, ma bisogna aspettare la seconda
parte dell’album per averne la riprova: le intro vagamente psichedeliche di Rococock Fight e San Leather sono un’avvisaglia, ben più corposa è invece l’eterea
pausa centrale di Shifting, ancora
più efficace grazie all’inedita ed efficace vena tribale che la batteria di
Paolo Mongardi sfodera prima della stessa e alla rincorsa sempre più sfiancante
che gli strumenti sfoderano man mano che si avvicina il finale. L’episodio
finale è l’estremizzazione di queste nuove idee, una traccia simil ambient in
cui fa in tempo a mostrarsi comunque la personalità della band, particolarmente
quando malevole distorsioni si animano poco prima del finale...tutto sommato Phase Terminale soffre però del paragone
con la Rota proveniente dal già
citato split, ed è un confronto impari da cui l’ultima traccia di Motomonotono
esca ridimensionata.
E la prima parte dell’album?
Troppo facile dire che gli Zeus si sono limitati ad un “more of the same”,
perché già dall’iniziale All Your Grind
Is Love, gioiello mutevole che passa con nonchalanche dalla velocità folle
iniziale ad una pausa che sa quasi di doom per poi librarsi pian piano di nuovo
verso vette inesplorate di velocità sonora (piccola postilla: per fortuna la
fantasia sui titoli rimane inalterata ed assolutamente sublime), si nota come
la batteria suoni in maniera diversa. Tutto l’album risente di un approccio
che, piuttosto che cercare ostinatamente il muro sonoro compatto del precedente
disco, preferisce spiazzare lasciando gli strumenti liberi di rincorrersi in
maniera solo apparentemente casuale: Colon
Hell, singolo dal video non adatto
agli epilettici, è un esempio concreto di questo modo diverso di trainare a
ritmo indiavolato l’ascoltatore, almeno prima del ricompattarsi finale in cui
le urla di Luca si affacciano a dare degna conclusione al tutto. Forza Bruta Ram Attack esaspera il
concetto, ed è sicuramente una delle prove più riuscite dell’intero disco
assieme a Enemy E Core, più vicina
alle vecchie atmosfere tanto che nella sua struttura ricorda vagamente la però
ben più lenta e cadenzata Giorgio Gaslini
Is Our Tom Araya: strofe ripetute all’eccesso con aggiunte sempre più ampie
di un basso estremamente distorto, fino ad un finale che definire brutale è
poco.
Si è perso qualcosa per strada
però? Poco, ma Motomonotono corre per la sua strada in una maniera forse
eccessiva. Gli stop & go che caratterizzavano alcune delle tracce più
riuscite di Opera qui sono accennati solo in pochi punti del disco, con basso e
batteria impegnati in una continua rincorsa che vieta qualsivoglia momento di
silenzio: ottimo per brani come Panta
Reich, compatta e marziale come non mai, meno per pezzi come Krakatoa e San Leather, in cui un gioco al rimpiattino fra i due strumenti
avrebbe giovato a rendere meno oppressive le atmosfere che si vengono a creare.
Motomonotono, insomma, è un degno
successore di cotanta discografia, innovativo rispetto a quanto fatto in
precedenza ma in maniera inaspettata rispetto a quel che pensavo. Opera rimane
un passo avanti, c’è da dirlo, ma il muro sonoro del duo riesce a rimanere
notevole senza cadere nella trappola della ripetizione. Fantasia al potere,
bravi!
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: ThreeOneG, Sangue Disken, Tannen Records
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