Non molto tempo fa si era parlato proprio su queste web-pagine dell' esordio dei Very Short Shorts. Ora la band approda al "secondo e ultimo" album, come affermano loro stessi ironizzando sullo stato di salute attuale dell'industria musicale. Il termine "minimal" si pone pragmatico nell'identificare il nuovo e atteso lavoro dell'atipico terzetto italo-francese (batteria, piano e violino) fin dal titolo in copertina. La direzione presa con Minimal Boom! porta il trio verso nuovi orizzonti. L'influenza della musica post si avverte fluentemente in tutta l'opera che, nelle reiterazioni minimaliste, alterna momenti di calma ad altri guidati da un'irruenza punk improvvisa e inaspettata. La formula della "colonna sonora" viene ripresentata ma senza un tema ben preciso (nel precedente album si ruotava attorno ai vecchi film polizieschi). Ogni traccia delinea stati d'animo e suggestioni. Passando dalla tensione della Danny Elfmaniana "I Am, You Are" o la splendida e malinconica "Nibiru", si giunge a momenti dall'approccio più diretto e fulminante, aggrovigliati ad una schizofrenia di fondo onnipresente. ("While My Daughter Gently Sleeps", "Schlauskatr") Moltissime le variazioni anche all'interno di ogni singola traccia. Psichedelia e destrutturalismo tenuti a bada da una grande capacità tecnica, messa al servizio di un progetto che si pone come tramite concettualmente originale tra musica colta e rock. Basti prendere in esame le post rockiane "Ramachandran" e "White Cliffs of Dover" per capire lo spessore della band nel presentare sonorità e stilemi ben precisi con l'uso di strumentazioni diverse da quelle solitamente usate nei contesti interessati. (in quest'album troviamo anche un vasto utilizzo della viola)
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