giovedì 31 marzo 2011

The Kills - Blood Pressures (Recensione)

Blood Pressures.

Basterebbe questo titolo per descrivere il quarto lavoro in studio del duo electro-garage Mosshart/Hince.

Pressioni sanguigne. Un misto di ritmi ipnotici che ti fanno iniziare a ballare e vaghe melodie oscure.

11 brani, 42 minuti, Bill Skibbe e Jessica Ruffins alla produzione.

I primi quattro brani partono decisi e aggressivi, perfetto mix di questi ingredienti sopraelencati (Future start slow, Satellite, Heart is a beating Drum, Nail in my coffin), ritmi quasi tribali e ipnotici accompagnati da chitarre forse un po' alla Dead Weather e un po' alla Raconteurs (forse che Jack White ha lasciato il segno sulla bella Alison?), melodie minimali, spesso incentrate su una o due note, il tutto mescolato dalla bella voce della Mosshart.

A metà album compare poi una breve canzone di poco più di un minuto cantata da Hince con una base di mellotron e batteria (anche qui) minimale. I toni dell'album si smorzano (per fortuna, dato che dopo 4 pezzi belli, ma simili, l'ascolto iniziava ad appesantirsi), si passa a DNA, una ballata cupa, dove la chitarra fa da padrona sotterrando un po' la batteria, la Mosshart canta "Love til you got enough, dance if you got no love around you" per sottolineare i temi e le immagini a loro care in questo album sin dal nome... A seguire un'altra stupenda canzone, Baby Says (la migliore?) dove si raggiunge il giusto mix di ritmica e melodia e dove non possiamo che rimanerne stregati e iniziare a ballare a ritmo.

Altro stacco con The Last Goodbye dolce pezzo in cui la voce di Alison è accompagnata dal mellotron e la batteria ci lascia respirare per un attimo per poi riprendere con le ultime tre tracce dell'album. Damned is She Do, You don't Own The Road (canzoni riempitive, testi ripetitivi come le ritmiche e le melodie) e la chiusura Pots and Pans (pentole e padelle) dai toni leggermente diversi rispetto alle altre grazie alla presenza di una chitarra acustica che richiama alla mente alcune sonorità White Stripes.


In conclusione, questo non è un album dalle grandi innovazioni sonore o da pezzi che verranno ricordati nella storia delle musica. Sono 11 brani creati per la maggior parte intorno ad un'unica idea: ritmi ipnotici e ossessivi e melodie scarne e aggressive. Toni cupi e ben lavorati, ma dopo un paio di pezzi sul genere il disco risulta un po' ripetitivo.

Consigliata la tripletta di canzoni nel mezzo dell'album: DNA, Baby Says e The Last Goodbye (rispettivamente traccia 6, 7 e 8).

Forse se avessero studiato una scaletta mista e se non avessero messo pezzi simili uno accanto all'altro, l'ascolto sarebbe risultato più leggero e meno stancante.

Rimane comunque un buon album da ascoltare a tutto volume, nel buio della notte magari per alleviare i dispiaceri della vita...


Label: Domino Records

Voto: ◆



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