giovedì 15 settembre 2011

Dj Shadow - The less you know, the better (Recensione)

Dj Shadow - The less you know, the betterQualche giorno fa abbiamo tratto le nostre conclusioni sull'ottimo E.P. di Dj Shadow, dandogli pieni voti aspettando Il disco. Ed è arrivato. Come presentarvelo? Un disco lungo e vario, maestoso e old school come non se ne sentono dagli anni '90. La volontà di utilizzare attrezzature di vecchio stampo, che ci fanno sognare ad occhi aperti ai tempi di dischi come You've come a long way baby, The fat of the land, Dig your own hole e compagnia bella...Le tracce sono tante...sono 19...ma nell'insieme rendono questo lavoro estremamente vario e, soprattutto, hanno il compito importantissimo di dimostrare alle nuove generazioni di act elettronici cosa voglia dire sperimentare in questo genere. Qui non c'è spazio per pseudo leggende della musica moderna e interminabili discorsi filosofici intorno al suono. Questa è elettronica come si suonava negli anni '90. Qui si trova la musica per quella che è...dal rock all'hip hop, dal trip hop alla dub, dal pop d'annata al breakbeat selvaggio ma fatto con stile...il tutto è riassumibile sotto l'etichetta musicale di big beat. Questo è uno dei lavori più importanti del genere, uscito fuori tempo massimo ma frutto di uno degli artisti più importanti di ieri e di oggi, Dj Shadow. Chitarre, beat, pianoforti, voci di tutti i tipi, samples, scratch mostruosi. Si comincia con Back to front (Circular logic). Intro. Sintetizzatori di fine anni '80. Trip hop. Il vocal. "I'm back!", è una dichiarazione d'intenti. Scratch superbi, una valanga di sample, tra funky, film, rock n' roll e numeri di telefono. Geniale. Border crossing è un'altra dichiarazione, è il crossover. Punk rock strumentale frenetico tirato su da un'elettronica che richiama i primissimi Chemical Brothers. Stay the course è un hip hop finissimo, grezzo e old fashioned, di quei pezzi alla A tribe called quest. Subito dopo arriva I've been trying. E' una ballad sognante che ascolteresti a volume da stadio sfrecciando sulla Route 66, ma Shadow è inglese e dimostra di saper fare di tutto. Sad and lonely rimescola ancora tutto in un giro di pianoforte semplice ma vivo, accompagnato da un violino importante e un cantato femminile anni '40. Warning call richiama gli anni '80. La giusta definizione è post punk vecchia scuola, guidato da una voce bassa e decisa. Diretto e veloce. Hit single. Tedium è un dub volutamente stanco e riflessivo, che ci porta a Enemy lines, rock n'roll d'annata che incontra un'elettronica altrettanto old. Going nowhere è un intermezzo funky di gran gusto che porta a Redeemed, pezzo rock dolcissimo, scandito da una gran voce femminile anni '80. Run for your life è un altro grande episodio big beat, dove il rock incontra il funky e si incrocia in un ritmo serratissimo costruito su un basso pulsante e incredibilmente groovy. Give me back the nights è un'altra dichiarazione d'intenti. Spoken word. Avanguardia anni '60. I gotta rokk è un grande pezzo crossover, dove il rock incontra samples old school, Fatboy Slim, i Propellerheads e un riff hard rock da film d'azione statunitense anni '80, quello che ne esce è un mid tempo di clamorosa fattura. Scale it back è uno degli episodi migliori. La voce femminile è quasi triviale, appoggiata su una base costituita da pianoforte, basso e batteria. Circular logic (front to back) chiude apparentemente il cerchio, riprendendo la tematica espressa nella prima traccia, ma c'è di più. (Not so) sad and lonely è una sorta di reprise del pezzo quasi omonimo, che prepara l'ascoltatore alle ultime tracce, a partire da quel rock n' roll così classico e importante che è Come on riding (Through the Cosmos) che avevamo già sentito nell'E.P, mentre Def sorrounds us è l'ennesimo manifesto, la quintessenza del big beat. 7 minuti e 37 di puro viaggio musicale e mentale nei meandri di un'elettronica che non c'è più. Dai beat ai samples, dai kick agli hat, dai synth alle voci. E' la Summer of Love rivisitata nel 2011. Un capolavoro assoluto. L'ultima traccia è quella Let's get it (Bass bass bass) che ricorda così tanto il primo Fatboy Slim e che avevamo già sentito, una degnissima conclusione ad un album che lascia il segno.

L'artista inglese ci porta indietro in un'epoca di forte sperimentazione, realizzata utilizzando tutti i mezzi che ci vengono offerti dalla musica. E' un disco che gli artisti elettronici del presente devono tenere bene a mente.

Uno dei migliori dischi dell'anno.

Voto: ◆◆◆

Label: Island records

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