Sono tornati! I Kasabian! Si, loro! E si, punto esclamativo ed enfasi da tredicenne all’annuncio della programmazione della nuova serie di Dawson’s Creek (quando non era ancora finita, quando Joey frequentava Pacey, etc etc). Si! Li posso ascoltare. Seriamente, poche volte mi sono sentita così fanatica. E si, magari un po’ idiota. Ma la favola degli idoli da pre-pubertà vuole necessariamente che io adori tutto quello che fanno-dicono-guardano gli eroi del mio piccolo olimpo personale. Sfortunatamente, gli anni mi hanno dato raziocinio e tante altre belle e brutte qualità e un certo grado di disincanto – insomma Pacey e Joey ora per me sono due liceali pieni di sogni e paturnie, e basta.
Il tutto era per dire: quest’album l’ho sentito tra il fomento e il terrore di rimanerne delusa, comunque pensando che adoro questi ometti britannici e Tom Meighan e insomma, che dovevano fare i bravi. Quindi ci ho messo un po’ prima di capire se mi piacesse e quanto mi piacesse. The West Ryder Pauper Lunatic Asylum si, m’era piaciuto, ma compostezza con la quale firmavano ogni pezzo non mi convinceva, ho sempre preferito pezzi come Stuntman o Cut Off. Si erano allontanati. Quest’estate arriva Switchblade Smiles e mi convinco che forse c’è un ritorno di fiamma.
E dico si. Quest’album ha tutto. Veramente. C’è un po’ di tutto. Ironicamente, il primo pezzo si chiama Let’s Roll Just Like We Used To. Quindi prendi blues, batteria potente, un sacco di sound orientaleggianti, sintetizzatore che graffia la base musicale. Ques’album è un po’ come una lastra di marmo appena estratta da una cava: per quanto tu possa lavorarla è già perfettamente strutturata perfino nella sua rettitudine, nel suo essere materia prima non rifinita. Velociraptor! corre e si ferma, si alterna, butta tutto dentro, ma davvero tutto.
Prendi La Fee Verte, è un pezzo beatlesiano ( l’avete sentita anche voi la Lucy In The Sky che guarda Meighan eh? ) con lo stesso ritmo allucinato di I Am The Walrus , ma ovviamente non è il Walrus. Velociraptor ha questo leitmotiv che è un mantra con questa base drum and base che mi fa pensare più a un pezzo dei Bestie Boys che ai Kasabian veri e propri. L’orianteleggiante acido allucinante continua sulle litanie di Acid Turkish Bath, percussioni, bassi, maracas un po’ epiche, un po’ da empire. Echi di pezzi come ID sono fortissimi in I Hear Voices. Il pezzo top di quest’album , a mio modestissimo parere, è Re-Wired con quest’intro un po’ da Rolling Stones, e, ragazzi, ‘Hit Me, Harder!’ come lo dice lui mi gasa troppo ( e immagino cosa significhi suonarlo ad un concerto: brividi!). Neon Noon viene a chiudere tutto con quelle tastiere riverberate e i coretti in stile Cartney e soci, lasciando un alone di luce alogena, un po’ finta e un po’ vaga, che non sembra illuminare davvero.
Quindi? Sono loro? Si, sono loro, e certi pezzi spaccano da morire. Sono certamente più psichedelici che mai, più cattivi di prima, più … si, bisogna dirlo, si sono impegnati. Davvero. Anche se dietro il lavoro di ritorno alle origini vedo molto tecnicismo: Man of Simple Plaesures è un prodotto pronto e delineato da mettere su uno scaffale all’ora della vendita. Anche con qualche pecca, è un album sudato e pensato per essere, appunto, un buon album. È un Kasabian variegato, che mette dentro tutto quello che sapevamo e abbiamo imparato in tre album di carriera. E per mettere al mondo pezzi che sono vere e proprie scariche elettriche – beh, hanno davvero tutta la mia stima. Come dicono loro, mi hanno dato lo switch that makes me feel electric. Bentornati!
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: RCA/Columbia
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