La Sicilia cupa e obliante come la "terra dei ragni". "I've Buried Your Shoes Down By The Garden", un titolo lungo, affascinante e misterioso. La prova d'esordio del quartetto (chitarra baritono, chitarra elettrica, piano elettrico e batteria) Gentless3, è permeata da una sorta di dicotomia bianco-nero, con radici ben impiantate nel post-rock e slowcore delle origini, virato verso la canzone d'autore in modo introspettivo e decisamente oscuro. Capitanata da Carlo Natoli (Tellaro, AlbanoPower nonchè vicepresidente dell'Arsenale, confederazione di artisti e musicisti che vede tra i suoi protagonisti anche Cesare Basile e Marlowe) ciò che la band dipinge è un affresco dai toni spenti, racchiuso in una cornice romantica da perfetto alt-folk d'oltreoceano. Controparti strumentali stanche ed indolenti, in una ragnatela sonora dalla quale è difficile districarsi.
Se gli Slint avessero sviluppato quell'attitudine da songwriter mostrata in Washer, oggi suonerebbero all'incirca così. I Gentless3 ci regalano sette brani dei quali andar matti, per sconvolgere giorni di luce fioca e notti senza luna. La tensione e lo spleen fanno da padrone in un'opera dal mood crepuscolare, alienante quanto un viaggio febbricitante in una selva oscura. Minimalismo ed una grande attenzione ai minimi particolari. Il piano elettrico, ipnotico quanto basta a trasportare su territori alieni eppur così desiderati ("Since'98") apre la strada a parentesi ("Cameback From", "Peggy and The Houses") che appassionerebbero sicuramente Geoff Farina (Karate) Si inseriscono gli echi di Black Heart Procession nelle pieghe di "On Busting The Sound Barrier" e si chiamano in causa, apertamente questa volta, gli Slint in "Who's", molto vicina alla già citata "Washer". Bassi nervosi e un cantato struggente allungato su melodie chiaroscurali che, ponendosi in modo confidenziale, potrebbe rimandare alla mente l'immagine di una sorta di crooner affogato in liquori e ansia esistenziale ("Alphabet City").
"I've Buried Your Shoes Down By The Garden" è un' opera che cade come manna dal cielo per tutti coloro che sono cresciuti a pane, Slint e Codeine. L'album del supergruppo che non esiste e di cui fanno parte tutte le band che hanno segnato molti di noi, senza per questo doverne essere solo debitori. Per chi scrive, uno dei dischi migliori di questo 2011 calante, più che degno di inserirsi in un contesto internazionale e da portare con fierezza all'interno dei nostri confini nazionali.
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qui l'intervista a carlo Natoli
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Wild Love
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