mercoledì 21 dicembre 2011

Iced Earth - Dystopia (Recensione)

Iced Earth - DystopiaTornano dopo ben tre anni di distanza dall'ultimo lp gli Iced Earth, storica formazione del power-thrash americano. Una band attiva dalla metà degli anni '80 (la fondazione è infatti del 1984) e che ha dato alle stampe, nel 1990, lo spettacolare Iced Earth che li lanciò definitivamente nell'olimpo degli dei del metallo classico.

Ne è passata di acqua sotto i ponti, le stagioni sono scorse con il loro ritmo sempre più affrettato, ma il gruppo capitanato da Jon Schaffer è ancora qui a deliziarci con la capacità di scrivere pezzi di metallo rovente di grande qualità; capacità da non sottovalutare tenendo conto che oggi come oggi il metal, in senso generale, sta subendo un certo avvitarsi su se stesso e le band, nei diversi filoni tendono ad assomigliarsi un po' tutte. Gli Iced Earth hanno sempre mantenuto vivo il loro trademark fatto di epicità e di cavalcate mid-tempos cui si alternano momenti fortemente speed che strizzano l'occhio ai fasti del thrash della Bay Area che fu.

Tornano in pompa magna quindi, con questo nuovo Dystopia e sarà una gradita news per i fan più accaniti, ma anche per chi è abituato a masticare metallo poiché se con gli ultimi cinque dischi i Nostri si attestavano su una scarsa sufficienza, assegnata più per la capacità di saper compiere il loro dovere che per effettiva qualità dei dischi, questo nuovo platter invece sembra aver fatto tornare una grande vena di ispirazione a Schaffer e soci che ci deliziano con ben 10 tracce di power-thrash ben congegnato che come sempre è basato sulla potenza delle chitarre che la fanno da padrona scandendo ritmiche mid-tempos e lanciandosi qui e lì in momenti decisamente più veloci che donano una certa ritmicità al disco, che altrimenti risulterebbe piuttosto piatto. Un signor lavoro quindi, che si lascerà ascoltare con molto piacere anche da chi, come chi vi scrive, non è propriamente un appassionato di tali sonorità perchè il disco scorre e scorre molto bene riuscendo nel proprio intento di portare l'ascoltatore in una corsa verso l'inimmaginabile reale che si trova ad attraversare questo mondo. L'album infatti prende spunto da romanzi di utopia negativa come “1984” di Orwell e “Il Mondo Nuovo” di Huxley e da film come “Dark City” di Alex Proyas (l'autore de Il Corvo per intenderci) e da Soylent Green di Richard Fleischer e che in Italia è uscito con il titolo (piuttosto banale oserei dire) “2022: I Sopravvissuti”. Si parte quindi da una concezione prettamente distopica, appunto, che però lascia all'interno dei testi una aleggiante positività che porterà l'uomo oltre il baratro in cui si sta spingendo con le sue stesse mani e con le sue stesse idee.

La qualità dei brani non è assolutamente in discussione e nel suo genere potrebbe rappresentare, oggi come oggi, un lavoro che si pone in essere come una pietra angolare perchè il disco suona genuino, aggressivo, ben composto e soprattutto ben prodotto; il che mette in risalto tutte le note positive di questo Dystopia e non viene nascosto neanche ciò che di debole si può avvertire, come forse l'esaltazione della voce del nuovo cantante, troppo spesso eccessivamente sopra gli altri strumenti, ma forse l'effetto potrebbe essere voluto. Come ho già detto il disco si dipana in 10 tracce in cui fanno capolino due ballad, la prima, Anguisch of Youth, un po' più pesante e che riprende le stesse tonalità e gli accordi di un brano piuttosto importante nella carriera degli Iced Earth, sto parlando di Melancholy (Holy Martyr). Ottima comunque la prova perchè alla lunga il disco non annoia e scorre con molto piacere e devo dire ottima anche la prova del nuovo singer Stu Block (ex vocalist degli Into Eternity) che ricorda in molti punti Barlow, ma ha dalla sua una forte personalità e una voglia di fondere il cardioide del microfono; unica pecca è forse l'abuso del falsetto alla Warrel Dane, personalmente in certi momenti piuttosto fuori contesto. Comunque il ragazzo da prova di essere un vero “demonio” dietro il microfono e non si lascia assolutamente intimorire dal ruolo che è chiamato a ricoprire, anzi credo che la sua versatilità riesca a dare un tocco di varietà ancora maggiore al platter in esame.

Bentornati Iced Earth, una bella lezione di come si può ancora suonare sostanzialmente classici ed avere allo stesso tempo la capacità di essere freschi e di distinguersi nel marasma di inutili uscite affollanti il panorama metal.

Voto: ◆◆◆
Label: Century Media



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