sabato 18 febbraio 2012

Dr. Dog - Be The Void (Recensione)

Dr. Dog - Be The VoidIndosso i miei vestiti come una guardia del corpo, metto i cani in guardia nel mio giardinetto sul retro. Non voglio combattere, ma sono costantemente pronto e non faccio mai oscillare la barca, ma tanto è sempre instabile.

A voler essere sintetici, questi quattro versi racchiudono il senso dell'album. Scusate la pseudo parafrasi in italiano di queste quattro frasi ma era dovuta.
La traccia padrona dei versi sopra citati è “That Old Black Hole”, ed è la seconda dell'album “Be The Void”, ultima di sei fatiche della band made in Pennsylvania composta dalle cinque T (Taxi, Tables, Text, Teach, Thanks), altresì nota come Dr. Dog. Si è poi aggiunto il nuovo batterista Eric Slick (ossia Teach) e il percussionista elettronico/chitarrista Dimitri Manos, in cerca di soprannome.
Il genere, per sbrigare subito la faccenda della catalogazione musicale, è un Rock – Indie – Folk - Baroque Pop. Insomma una bella passeggiata di dodici brani. Passiamo alla polpa.
Ad incalzare le danze c'è subito “Lonesome”, per passare poi alla prima citata “That Old Black Hole”, quindi vi ritrovate nella vostra testa che girate in punta di piedi attorno ad un elefante. Sì, ho di nuovo tradotto un loro verso, tipo messaggio subliminale. Fatto sta che la seconda traccia parte riflessiva e finisce in gran festa, grandi schitarrate e ritornello da perdere la voce ad un concerto.
Scott McMicken (Taxi), una delle due voci della band, rivela che le chitarre sono passate da essere problematiche ad essere eccitanti, e lo si capisce bene andando avanti nella scaletta passando al terzo brano “These Days” (catalogabile come puro Indie-Rock), anche questo live deve essere una discreta sudata. Da qui in poi inizia la passeggiata tra i generi prima accennata. Tendenzialmente si abbassa il ritmo ma mai l'intensità, supportata da testi sempre brillanti. Si accarezzano i Beatles in “Over Here, Over There” ( ai tempi di “Please Please Me”) e “Warrior Man” (ai tempi di “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band”). Qualche coccola al Rock con “Vampire” e “Big Girl”. Ricordano il precedente album “Shame, Shame” (2010), le sonorità di “Get Away” e “Do The Trick”, con gran spolvero di tastiere. Percussioni tribali invece accompagnano la falsettata “Heavy Light”. In chiusura c'è “Turning The Century”, che ricorda la dolcezza dell' Anti – Folk dei The Moldy Peaches.
A mio modesto parere, che peraltro l'altro condivido, davvero un bel lavoro. Completo, piacente, adatto ogni stato d'animo e climatico. La voglia di andare ad un loro concerto tocca l'apice subito dopo i primi tre brani.
“I don't expect you to believe me, but everything is alright”.


Voto:
◆◆◆
Label: Anti Records


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