Maria Antonietta, non esistono vie di mezzo per questa giovanissima artista di Pesaro, non esistono i “sì, però”, la questione è molto semplice o la si ama o la si odia. O la ami follemente oppure dopo le prime note spegni lo stereo, il computer e tutto ciò che potrebbe trasmetterla.
I motivi per amarla sono diversi: ha una personalità spiccata, che le ha permesso di abbandonare i primi progetti per dedicarsi interamente alla sua carriera solista e questa volta in italiano. Ha coraggio da vendere, si presenta come una paladina spirituale, ama Gesù e tutti i Santi. Ha una voce sfrontata, ruvida, molto rock ‘n roll.
I motivi per odiarla penso che siano gli stessi, a voi decidere!
L’abbiamo lasciata come Marie Antoinette con il suo lavoro d’esordio “I Want to suck your young blood” totalmente in inglese, ed è stato subito una caccia alla citazione, c’era chi diceva che fosse la Patti Smith italiana, Pj Harvey, che avesse in sé lo spirito delle Hole tutte insieme, ora che canta in italiano e si presenta semplicemente come Maria Antonietta, la situazione non è diversa, c’è chi parla di Carmen Consoli e così via.
Bene! Io non ho proprio voglia di stare a questo gioco. Dico solo che questo è un album di grandi contrasti, è tutto tinto da sfumature retrò o decadenti ( termine che le si addice moltissimo) ma dietro questo “rosa-antico” c’è un forte spirito punk. Si è presentata con un singolo di forte impatto come “Quanto eri bello” che di primo acchito sembra una canzone d’amore, tutt’altro, è una sorta di rivincita delle donne ed è quanto mai realistico, le ragazze ora non cercano più il principe azzurro,”quanto eri bello, io volevo solo portarti a letto” ma è anche vero che si è estremamente fragili “e volevo essere felice ad ogni costo”. Un album dove la dimensione personale è raccontata senza filtri e senza vergogna, è la storia di una vita, di una crescita. Brani come “Saliva” o “Estate 93” e “Questa è la mia festa” raccontano un po’ il disagio di un’anima così come potrebbe essere applicabile al disagio delle ultime generazioni, “E poi tutte le mie canzoni parlano di un solo cazzo di argomento, della mia incapacità di accettare la realtà”. La passione per la agiografia è anche in questo lavoro molto presente nei brani come “Maria Maddalena” e “Santa Caterina” , è una componente importante e molto caratterizzante per Letizia Cesarini, componente che trovo originale al di là dei pareri personali.
In conclusione, è un album che può trovare il suo seguito, e che ha sicuramente qualcosa da dire, è forse un po’ troppo ostico e ripetitivo e che a lungo andare può annoiare. Sicuramente ha portato Maria Antonietta ad essere una personalità nella scena musicale italiana anche grazie ad una buona produzione di Dario Brunori. Staremo a vedere.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Picicca Dischi
1 comments:
uhm.. ripetitivo?! annoiare? dura poco più di 30 minutui... l'altra sera in macchina me lo sono sentito 3 volte di seguito alle 3 di notte!!
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