mercoledì 23 maggio 2012

Keam - Keam (Recensione)

Con una sensibilità lunare, i ciociari Keam arrivano al passo ufficiale della loro carriera che porta il loro stesso nome, un approccio intenzionale che sincretizza una approfondita e suadente miscela di sinph-metal melodico e quegli allunaggi epic-rock molto rispettosi della forma canzone e ligi al distacco critico dell’autocelebrazione; dieci interpretazioni che hanno una forte reputazione in sala di registrazione e che dal vivo dovrebbero far saltare in aria qualsiasi cosa, tracce che non sprecano un colpo, non mancano un bersaglio, tenaci e dolciastre dentro quell’epica fuzzata e trascinata che da un pò di tempo non se ne sente in giro.
Tracce che a loro modo espongono una estetica forgiata – oltre che di luce propria – da quel respiro forsennato del “mos maiorum”, quel ridestare monumentale di un sound granitico e tenero nello stesso tempo, quelle atmosfere gravide ed imperiose di doppie pedaliere, sinth-bass e un cielo oscurato dove mirare il centro sacrale di un qualcosa e dove anche sfogare l’identità di una band che ha nella scultura ritmica il punto di forza raggiante; tutto è incalzante, direzioni coreutiche che si agganciano e lasciano in una competizione sanguigna e fredda che mai indugia e tanto meno arretra fino a scoppiare riempiendo l’ascolto di saette ed echi di un qualche inferno dintorno.
“Lavorato” tra l’Italia e gli  Edie Road Studios di New York, l’album – interamente prodotto dalla Mauna Loa – si consegna ai destinatari dell’ascolto con suoni e visioni pieni di sinfonicità elettrica che non tocca mai terra, incredibilmente disegnati da viaggi seduttivi che non ci si aspetta minimamente, dinamiche ed accenti che fluiscono come in una tragedicità Parsifaliana senza regole apparenti, un trascinante accoramento di pedaliere e magie siderurgiche che hanno nei chorus metallici Soundgardeniani7000 dawns”, “Raven’s Nest”, nelle pozzanghere bluastre stoner “Monochrome life”, nello sludge allucinato “The secret” o nel fischio anticipatore di uno shuffle multiforme e zig zagante “ShowDown”, una lavorazione, un marchingegno adrenalinico di alta perizia tecnica e abilità maledetta che viene ulteriormente esacerbata nella bella finale aggressiva sinuosità di “A night with the alien” traccia che, come un lascito destabilizzante, muove e ripropone una emozionalità amplificata che te la porti dietro per un bel po’.
Dalla ciociaria, livelli sonori d’eccellenza inaudita.      
                              
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Mauna Loa 





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