venerdì 22 giugno 2012

Davide Tosches - Il lento disgelo (Recensione)

C'è stato un tempo lontanissimo in cui uomini e donne se ne andavano in giro nudi, calpestando il terreno coi calli dei piedi. Tacchi dodici e cravatte non esistevano, il sole era una lampada che dettava legge e il miracolo più grande era sopravvivere a neve, bestie e volgari raffreddori. Allora, senza sovrastrutture sociali sistematiche, l'essenza della magia del Creato era qualcosa di concretamente godibile. "Il lento disgelo" ha molto a che spartire con la remotezza primitiva di quelle esperienze e con la necessarietà degli elementi che ne sono fondamento. Davide Tosches beve acqua con le mani e canta la sostanza più intima delle cose in un album che celebra la vita, affondandoci dentro con pathos e sete.

Così alla ''Terra'', madre e insieme matrigna impietosa e inospitale ''nel freddo bianco di neve'', flicorno e campane rivolgono un monito ancestrale che recita: ''Tieni lontano il tuo sguardo di morte, tieni distante la tua ombra e il veleno''. La necessità di conoscenza del mondo e la valenza che tale istinto ha nell'edificazione personale sono temi preziosi: ''Ali'' canta sotto voce l'insofferenza invincibile legata a ogni percorso di ricerca (''Quale segreto nasconde il bisogno di guardare dall'alto, accogliere il vuoto, sentire il distacco, calmare l'anima tremante? Come fare a spiegare il desiderio di aprire le ali?''), mentre ''Dove andiamo'' - preceduta da ottoni e organo nella strumentale e sognante ''22:47'' - riconcilia le ansie precedenti nell'amore, punto di contatto armonico fra microcosmo personale e macrocosmo (''Dove siamo quando il sole muore? Dove ritroviamo l'entusiasmo per il giorno nuovo? Ma ti ricordi dove ti ho incontrata e ti ho chiesto di essere la luce delle mie giornate per tutto il tempo che rimane?''), toccando uno dei momenti più intensi e coinvolgenti del disco, a suon di banjo e anarchico sax jazzato. Il ritmo cosmico e l'umano abbandono alla sua ricreazione eterna si riconoscono ancora nell'amore romantico della title track (''Io conosco il nome di ogni istante dei tuoi giorni che passano, e nessuno che cambia le stagioni. Come è forte il cuore, come è stanco l'inverno, dell'attesa del lento disgelo''), per poi prendere le sembianze di un dolcissimo inno sincretico in ''Poco alla volta'' (supportato dalla voce di Laura Caré, qui come altrove nell'album): ''Vita che splende di gratitudine, il cuore negli occhi di ogni creatura nascosta da alberi e sassi, così distante dal folle umano declino''. I due brani a seguire virano verso una prospettiva politica che conserva memoria e coscienza del respiro dell'universo (''Sono nato, e qualcuno mi aveva già imposto ogni legge delimitando la mia vita, i miei confini, le mie paure. Ma il coraggio di guardare e camminare sulla terra non è scritto dalle persone, ma dal vento, da alberi e cani nel respiro dell'universo'', ''Patriota'') e delle possibilità che stanno aldilà dei percorsi già battuti (''Chi ha paura del coraggio tiene stretta la sua rovina, chi mi teme, chi ha provato a capire la mia visione, chi è legato non ha dubbi; ogni cane ha il suo padrone'', ''Ogni uomo'').

Chiude (e realizza compiutamente ciò che era anticipato timidamente in un verso di ''Dove andiamo'': ''Dove respiriamo nella polvere delle parole, che oggi sono perle e domani ombre sulla strada?'') ''Scintille'', che sancisce il mistero segreto dei suoni dell'universo e della parola, ovvero la convenzione umana più naturale e potente: ''E ogni cosa che vive e respira e ogni stella è un suono, un suono, una frase inespressa, un istante nel lento cammino del genere umano che teme, allontana e confonde ogni ombra, ogni nebbia e ogni lacrima. E ora ascolto commosso con vago terrore ogni voce nel forte contrasto di frasi e scintille, e oggi tremo, gioisco, mi stanco, piango, sorrido, guardando e ascoltando ogni voce del grande caotico coro umano notturno''. In principio era il Verbo, e il Verbo era con Dio, e il Verbo era Dio. Senza voler fare i blasfemi a tutti i costi e scomodare personaggi vari dal calendario (verso il 25 dicembre circa), "Il lento disgelo" è un album solenne e umanissimo insieme, pulsante di passione, liricamente ispirato, onesto. Davide Tosches lo dedica al padre, ''nonostante tutto'' (dall'interno di un packaging curatissimo - è cosa buona e giusta menzionarlo - contenente foto e testi dei brani).

Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Controrecords

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