Ci sono moltissimi dischi canaglia in circolazione, quelli che strizzano occhietti qua e la, infinocchiano il rimorchio istantaneo di girls svagate e tormentano per mesi le membrane woofer di apparecchi stereo e palinsesti radiofonici senza poi definitivamente e musicalmente dire nulla se non i soliti quattro accordi e durare nel tempo come un fuoco di paglia; ascoltando questo “Colours” del quartetto torinese dei Garden of Alibis, ci si sente combattuti fino alla fine e viene da pensare due cose: grande truffa del pop-rock travisando il verbo di Glen Mathlock oppure un ambizioso e fresco rigurgito della spensieratezza poppyes da classici ragazzi del muretto? Si sta nel mezzo del guado, occorrono vari giri di stereo per andare a trovare quella estremizzazione di pensiero per cronacare anche il più stupido dei difetti, ma poi gira e rigira queste undici tracce finiscono per piacerti e tenerti compagnia, canzoni che ti fanno passare bene un pomeriggio ovunque si stia.
Nulla che possa
stravolgere l’underground nostrano, ma un ulteriore contributo alla
piacevolezza del teen-pop su sembianze indie senza pretese e senza
controindicazioni di sorta, quella passione sonica a cavallo tra MGMT e Of Montreal, qualcosa alla
lontana di Coldplay che si alterna,
fissa e si dilegua con una velocità melodica e leggermente sfumata di
elettronica per poi continuare in un continuo airplay; a parte il remix della
traccia “Wicayo” da parte dei Motel Connection, tutto il resto della
giostra sonica è un ascolto suggerito per I-pod durante afose giornate in
piscina, la colonna sonora ideale per un estate senza fine, ritmi baldanzosi “Flower power”, il beat scanzonato “Colours”, lo shuffle di “Goa” e “Overplastic” fino all’immolazione di un accendino Bic da tenere
acceso mentre passa la dondolante e tenerona “Winter lullabies”, praticamente un esordio “normale”, come ce ne
sono tantissimi, forse con qualche sprint in più, ma è prestissimo per stilare
un parere completo.
Molti hanno rassettato
malignamente – dato che il disco è distribuito da XL di Repubblica – che siano
i soliti noti raccomandati, ma questo credo che non sia vero, tanto è il
destino che parlerà, c’è un detto che dice che con la lunga sofferenza si ottiene
un futuro mentre con il tutto e subito si rimane – se si rimane – un punto nero
nel buio del nero.
Comunque da ascoltare
senza impegno.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Hertzbrigade
Records
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