Non è poi così traumatico dal punto di vista sonoro il secondo Ep dei bresciani Hell’s Island, “Black Painted Circle”, ma comunque vistose ecchimosi te le lascia eccome; è un disco buio, nero, oscuro come le maledizioni del grunge quello dalla parte delle malattie interiori, del disagio del vivere, incazzatissimo davanti agli interrogativi umani, divini e le relazioni di mezzo, la frustrazione come acconto sul resto.
Quattro tracce che si specchiano nel fondo dei nervi tesi degli AIC, micidiale nelle attitudini Tooliane ed intrigante nella qualità della cattiveria che emana, tracce intrise di melodie acciaiose, percorse anche dall’elettricità fondamentale del trash-metal e che in fondo lasciano - in tutto il loro splendore – quell’amarognolo sapore di sconfitta umanoide, quel meraviglioso sentore di “peste distorta” che ci assale per la gola, tempie e stomaco; il tratto fondamentale della band bresciana è che manipola perfettamente le sonorità dure con una buona dose di personalità senza cadere nella trappola infima dell’auto celebrativo copia in colla di tantissime altre formazioni del settore, un modo – il loro – di interpretare “l’ansia elettrificata” con una potenza immediata che ci catapulta nei Novanta come un robusto calcio nel culo dato con rabbia.
Senza mai arrivare ad un suono estremo, gli Hell’s Island, macellano di gusto, diretti e frontali come nel muro di porfido innalzato in “G.o.d (Guilty of Dyng)”, tra i fendenti lancinanti della titletrack, dentro i pruriti mid-tempos di un evanescente Layne Staley, angelo caduto da “Opaque solo” oppure nelle matrici misticheggianti che arrotano visioni ottenebrate di Godsmack e Taproot “Down again”, una quaterna di tempeste amplificate che si fanno notare al loro passaggio, e lo fanno con prepotenza.
Ep che mette subito in “scuro” le sue intenzioni e che ci mette subito in attesa di un futuro sviluppo a disco completo, per il momento viviamone la paura ed il dolore che beatamente ci dona.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Autoproduzione
Senza mai arrivare ad un suono estremo, gli Hell’s Island, macellano di gusto, diretti e frontali come nel muro di porfido innalzato in “G.o.d (Guilty of Dyng)”, tra i fendenti lancinanti della titletrack, dentro i pruriti mid-tempos di un evanescente Layne Staley, angelo caduto da “Opaque solo” oppure nelle matrici misticheggianti che arrotano visioni ottenebrate di Godsmack e Taproot “Down again”, una quaterna di tempeste amplificate che si fanno notare al loro passaggio, e lo fanno con prepotenza.
Ep che mette subito in “scuro” le sue intenzioni e che ci mette subito in attesa di un futuro sviluppo a disco completo, per il momento viviamone la paura ed il dolore che beatamente ci dona.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Autoproduzione
1 comments:
Black Painted Circle
www.youtube.com/watch?v=ZcnzJWwp_iA&feature=plcp
Opaque solo
www.facebook.com/hellsisland
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