venerdì 20 luglio 2012

Neneh Cherry & The Thing - Cherry Thing (Recensione)

Praticamente non c’è musicista che non riproponga brani dei propri artisti di riferimento sia durante i concerti che su disco; alcuni, addirittura, incidono album interamente di covers come Johnny Cash (lo si benedica per le American Recordings ed in particolare per la meravigliosa reinterpretazione di Hurt dei NIN) oppure l'ultimo Neil Young (anche se non ritengo Americana un disco all'altezza delle cose migliori del vecchio canadese).
"La reinterpretazione di canzoni altrui non è un’arte semplice."
Questo scrivevo un anno e mezzo fa per un (altro) album di tributi...
Da poco in questa pratica si è cimentata Neneh Cherry, grandissima interprete di cui vi consiglio almeno di avere, ascoltare e consumare (così come ho fatto io) quel gioiellino di “elettro-hip-pop-soul” che si chiama Homebrew (uscito esattamente 20 anni fa).
Mi piace anche ricordare la sua partecipazione al progetto Red Hot and Blue, con, guarda caso, una versione completamente stravolta e molto sentita di I’ve Got You Under My Skin, (accompagnata da un video, “virato” in blue, di rara bellezza) in cui ribadiva il suo appoggio all'iniziativa anti AIDS ("share the love, don't share the needle...") e a cui ha fatto seguito il suo maggiore successo, 7 Seconds, in duetto con Youssou N'Dour.
Neneh, già cantante nei primissimi anni 80 dell'ensemble Rip Rig  And Panic che fondeva post punk, rock, jazz e world music, figlia "adottiva" del grande trombettista jazz Don Cherry, dopo un lungo silenzio è tornata tra di noi e, diciamolo subito, lo ha fatto alla grande.
Cherry Thing, questo il titolo dell'album  inciso insieme al trio free-jazz svedese dei Thing, si compone di 8 tracce, 6 delle quali pescate nelle discografie altrui, da varie epoche e generi.
L'album si apre con un brano scritto dalla stessa Cherry, Cashback.
Ingebrigt Håker Flaten al bouble bass che introduce e sostiene la meravigliosa voce di Neneh a cui si affianca il drumming di Paal Nilssen-Love, prima dell'intermezzo free del sax di  Mats Gustafsson: brano semplicemente strepitoso!
Non ci si è ancora ripresi, che subito dopo arriva uno dei momenti più intensi dell'album: la cover di Dream Baby Dream dei Suicide, della quale è stata fatta anche un (a mio avviso inutile) remix firmato Four Tet.
Questa versione, son sicuro, piacerebbe molto a Tom Waits ed al suo compare "daunbailo'iano" John Lurie, insieme alle sue “lucertole”.
Dal repertorio di Martina Topley-Bird, per molti epigona di Neneh, arriva Too Tough To Die, brano già di notevole spessore nella versione originale che Neneh & friends rendono l'apice dell'intera opera.
Il sassofonista Gustaffson è l'autore di Sudden Movement che risulta, invece, il momento meno "digeribile" e, tutto sommato, più debole dell'intera opera.
Ma non lamentiamoci perché in sequenza arrivano Accordion, ripresa dal rapper MF Doom, dove la voce della nostra è (ancora una volta) da 10 e lode, il sentito tributo a "padre Don" di Golden Heart, con il suo incedere vagamente orientale,  l'omaggio a Mr. Iggy "Iguana" Pop ed i suoi Stooges con Dirt, per poi terminare con una versione “rallentata” di What Reason di Ornette Coleman.


Cosa dirvi di più se non di avvicinarvi senza timori ad uno dei migliori album usciti in questa prima metà del 2012?
Certo non è semplicissimo prestare l’orecchio a questi suoni ”suonati” e a volte “dissonanti”.
Vincete la riluttanza che (spero di no, ma) potrebbe prendervi al primo ascolto.
Lasciatevi andare perché, ne son sicuro, dopo pochi giri nel lettore questo disco vi conquisterà lasciando sul vostro viso un’espressione di compiacimento e sulle labbra la frase: Neneh torna presto… 


Voto: ◆◆◆
Label: Smalltown Supersound


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