Si vogliono rifare dalla debacle di due anni fa di un disco – il loro prino disco – Voyagers of Legend, che passò sugli orecchi delle masse come una mosca schizzata ed in ritardo, e lo vogliono fare con il nuovo lavoro che prende il nome di “Dub Egg”; loro sono i The Young, texani e guidati da Hans Zimmermann, ex punk e psicotropo individuo dedito alla ricerca della lisergia – non è dato sapere se su se stesso oppure nelle consuete forme da laboratorio - ma che comunque sballa e fa sballare chi si concentra su queste tracce o meglio su queste “strade asfaltate di acidi a pois” per tutta le loro durata vitale ed energetica al contrario.
Uno strano concentrato emolliente di White Stripes al rallentatore, gli anni settanta e relative, coda e reprise degli sfuocati sound californiani e gli anni novanta della poesia ionosferica dei Smashing Pumpkins e Flaming Lips, quella a cento metri sopra le visioni, una buona mixture di teste tra le nuvole e Hoffmann a go-go che circola indisturbata per tutta la circonferenza dell’album e che tira ad un ascolto sognante e dolcemente drogato; immaginate di rinchiudervi in una soffitta, di chiamare un pò di amici e di noleggiare una vecchia e polverosa strumentazione, anche poco accordata, vedrete che con questo “spirito” l’ascolto di Dub Egg vi si conficcherà sottopelle come un microchip del tempo a ridosso delle Farm dei Grateful Dead et similia.
Dunque rock psichedelico, pennellate accennate country e tutta quella baldoria thcizzata frikkettona che conduce felicemente a galleggiare inerti in passioni firmate da visioni strepitose, quelle orme già calpestate da inossidabili Crazy Horse “Only way out”, “Numb”, “The mirage”, il Jack White che si palesa allucinato in “Livin’ free” o i Silversun Pickups che sbattono le chiappe in “White cloud” ricordando Jerry Garcia in stato di grazia maxima; è un sentimento sonoro intatto quello di questi quattro di Austin special modo in quella reincarnazione di Billy Corgan che nella finale ballatona elettrica mette un sigillo di garanzia virtuale a tutto il prodotto “Talking to rose”.
Da amare come una lettera inattesa da un deserto qualsiasi.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Matador 2012
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.