“Cucina povera” è il titolo del secondo album dei ManzOni ed è uno di quegli album che non deve passare inosservato, anche perché davvero, non sarebbe possibile rimanere indifferenti.
Ogni indizio è indispensabile per capire questo lavoro,
poiché ricco di riflessioni e richiami, quindi facciamo un passo indietro e cominciamo
dall’inizio.
Il nome del gruppo si riferisce espressamente a Piero
Manzoni, che tutti noi conosciamo per “Merda d’artista” anche se è davvero riduttivo circoscrivere il
tutto solo a questo, Piero Manzoni è “Fiati d’artista”, i palloncini, per
intenderci ( a cui gli stessi ManzOni non sono estranei), è “Achrome” ,è
provocazione, è specchio di una determinata società. Ma la domanda che più perseguita la sua arte è “Ma cosa voleva dire?”
o il tanto odiato quanto legittimo “ Potevo farlo anche io!” il grande dilemma
agita più il fruitore che la critica, genio o bluff?
La risposta di certo non la troveremo in queste pagine, ma è
un grande spunto per capire cosa confluisce nei ManzOni, che poi tra l’altro
quella “O” nel nome, sta ad indicare lo stupore e la meraviglia degli uomini di
fronte ad un’opera, d’avanti alla vita.
Quando si ascolta “Cucina Povera” , si rimane stupiti dalle
soluzioni che si trovato nel loro sound,
e infatti non è mai solo quello che sembra, non è semplicemente post rock, non
è solamente cantautorato, non è un bluff, ma è una somma di tutti questi ingredienti.
Se volessimo definirlo in parole povere e culinarie (visto
che si sta parlando di cucina), dovremmo dire che si tratta di un “minestrone” ,
e invece anche qui ci sbaglieremmo, sono più degli “spaghetti aglio, olio e
peperoncino”, di quelli semplici, ma che non possono essere mangiati in
solitudine. Si mangiano in compagnia, la sera, improvvisando questo piatto
semplice ma che rende speciale la condivisione di più esperienze e che mette
d’accordo tutti.
Non è sbagliato parlare di post rock e di anima
cantautorale, perché effettivamente questi due filoni si notato sin da subito,
la voce e la personalità Luigi Tenca, è fondamentale per comprendere tutto
questo, è il punto di congiunzione tra questi due mondi ma anche il punto di
rottura. A volte sembra che si adagia sulla musica, che di certo non può essere
definita cantautorale, con una voce mai impostata, non recitata, non esagerata,
non enfatizzata, come se si trovasse su quelle battute quasi per caso, a volte
invece sembra che tutto ruoti attorno ai suoi testi, come se fosse esattamente
il contrario, cioè che è la musica a seguire la sua metrica. Forse l’arcano di
questi intrecci è attribuibile al loro
sound , alle quattro chitarre, alla batteria che a quanto pare viene suonata da
quasi tutti i membri della band (Ummer Freguia, Fiorenzo Fuolega, Carlo
Trevisan, Emilio Veronese), ai suoni in loop, e ai testi, estremamente contemporanei.
L’album si apre con “Mario in diretta tv” , storia di un
operaio, fortemente attuale come tema, due generazioni a confronto, le
preoccupazioni dinanzi al futuro, dinanzi al lavoro, il passaggio del
testimone, il velo dell’angoscia. Si continua con “Dal diario, a mia madre” che
assieme a “A mio padre” crea un dittico
di intimità, di affetti, di una riservatezza svelata con grande nostalgia e maestria da Luigi e accompagnata da
un’atmosfera molto alla Goodspeed You! Black Emperor!
“Scusami” assieme a quella che è la perla di questo lavoro, “Una Garzantina”, sono quei pezzi, sussurrati, dolci, ma anche con un pizzico
di rimprovero, perché effettivamente tutti noi tendiamo a complicare ogni cosa,
ma alla fine non dovrebbe servire una garzantina per vivere, forse bisogna solo
lasciar andare le cose così come vanno.
“...ed ecco l’alba”
suoni in loop, voce, il congiungersi di metriche che si fondono
perfettamente. È la volta di “Dimmi se è
vero” e “In Toscana” da ascoltare fino alle ultime battute.
La chiusa è affidata a “La Strada” con una coda strumentale
di tutto rispetto, il giusto modo per chiudere un album, il giusto modo per
fare capire tutto quello che c’è stato prima, niente ritornelli, solo flussi,
solo vita raccontata, come potrebbero fare tutti, come ci riescono in pochi.
Sembra tutto complicato, sembra il minestrone di prima, ma
quando poi ti fermi ad ascoltare, traccia dopo traccia, resti soddisfatto come
quelle cene improvvisate a tarda sera con gli amici, dove c’è confusione e dove
c’è sapore di casa e di racconti che ci appartengono.
Chiudiamo menzionando la bellissima copertina ad opera di
Marcello Petruzzi, che ben si intona con il concept di questo ricchissimo
album.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Garricha Dischi
Label: Garricha Dischi
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