venerdì 7 dicembre 2012

Pedalò - Sale (Recensione)

Sfornato dalla Fallo Dischi e decorato dalla MiaCameretta Records, con doratura perfetta, sbeffeggia “Sale”, il primo lavoro completo di quei tre manigoldi mal riusciti dei Pedalò.
Il trio napoletano cambia line-up dopo l’ EP “Resistenze”, alle batterie Michele sostituisce James, e con quattordici brani da “Estate state of mind”ci invitano a galleggiare e fare un giro nel loro mare magnum.
Intorno tutto è giallo, accecante. Le parole sono poche, essenziali, sputate a testa in su, per poi portarla alle gambe e appoggiare la guancia sulle braccia conserte. A sinistra e a destra: nessun confine.
Il valore assoluto di un pensiero strimpellato in poco più di quindici minuti.
I testi assomigliano ad haiku recitati post-sbronza dopo un’intera giornata in spiaggia, trascorsa a sorseggiare birre da discount e a guardare le signorine, sperando che la vita e il mondo, al tramonto, possano essere più leggeri, chè poi sarà l’alba, per l’eternità (Manigoldi mal riusciti).
Titoli sarcastici, maliziosi, niente a che fare con Lil Angel$, sia chiaro.
Qui è tutto peggio. Qui si grida; l’ironia è solo un vetro antiproiettili che ripara dai colpi sparati dritti al petto e i lamenti servono a raggiungere consapevolezze anche tristissime di inadeguatezza e nessuno scampo: E allora io dissi non c'è spazio per me / l'amore come una nave affonderà ricordi. (La canzone dell'amore mai trovato; Settembre a Mondragone).
È un punk che è un po’ pop, è un pop che non è tale per niente, un hardcore morbido come le onde, è una tempesta che non si manifesta subito e poi prende la rincorsa e ti coinvolge, come accade nei secondi iniziali di “Friggitoria del corso” in cui la batteria porta il tempo e poi tutto esplode: smarrimento, ruvide combinazioni sonore di chitarra e basso che si disperdono nell’orizzonte troppo lontano, che non conosce presente né futuro. Immediatezza, naturalezza, sprovvedute idee e giovani constatazioni.
Tutto si consuma veloce e con ingenuità. Poche certezze, insomma. Quelle che ti fanno sentir “maschio” e poi sfigatello al contempo.
In “Bastardino trovato sul lungo mare” cinquantacinque secondi di confusione, pochi istanti per raccontare della mente distratta (o troppo satura) d’un (ormai) cresciuto bambino di pascoliana memoria, che si astrae e non ascolta.
Innamorarsi è un po’ come annegare: o impari a stare in apnea, perenne, o aspetti di “tramontare” per poi prendere il volo; sulla strada del tramonto / tutti dobbiamo tramontare /per spiccare il volo ("Tramonto")
Ci si affeziona a ‘sti ragazzotti. Ti prendono per i fondelli fino alla fine ma c’hanno un cuore grande anche loro. Si tuffano in acque profonde per piacere alle ragazze, fanno i romanticoni, raccontano le loro debolezze. “Tu sei bellissima” si presta per un’ottima dedica da corteggiamento fulmineo, alla “dammi tre parole” e t’ho detto tutto, in un minuto e zero-tre secondi. (Sottolineo che c’è un tentativo esasperato di comprensione da parte della sottoscritta di immaginare la situazione dalla prospettiva opposta).
Nessuna professionalità nel mestiere d’amare, di vivere, e di subìre.
Colpa della solita estate dall’ottimismo esasperato e dagli esiti poco rassicuranti.
Ci si perde, poi arriva l’autunno.

Voto: ◆◆◆
Label: Fallo Dischi/Mia Cameretta Rec


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