martedì 25 giugno 2013

Ulan Bator - En France/En Transe (Recensione)

God save the France / Dieu sauve la France.
Che Amaury Cambuzat non stia fermo un attimo, per la gioia di quanti hanno imparato ad amarlo in tutti questi anni, lo dimostrano le sue tante collaborazioni, come dimenticare l’ancora fresco e straordinario lavoro da “stalker” degli Oslo Tapes. Ma è sicuramente in En France/En Transe in cui troviamo la sua anima.

Ormai collaudato e rivoluzionario cuore pulsante degli Ulan Bator, con questo ultimo lavoro sembra aver superato il record delle migliori band francesi degli ultimi trecento anni, Michael Gira dixit.

Era ora che “l’Eroe Rosso” si risvegliasse e regalasse alla scena musicale internazionale quello che da tempo si cercava.
Forse si esagera, ma quando si parla di una band con alle spalle tanta esperienza e soprattutto ricerca e passione per la musica, certe affermazioni non suonano mai vane.
Album che sembra arrivare dritto alla testa e al cuore, ed è ovvio che il cuore di cui si parla è quello che sentirete pulsare all’impazzata come se vi foste appena fermati da una corsa di ritorno dall’inferno.

Quattro artisti e tanto stile che riescono a farvi vivere seppur solo in cuffia, una delle esperienze più calde di questa improvvisa estate.
Il caldo di due corpi, voci che si incontrano per regalarci “geniali” parossismi, ritmi che salgono e scendono attraversati da mille sfumature.
Post-rock, elettronica, tribale, “noir”. Ognuna delle tracce ha in sé quel quid che rende l’ascolto tanto unico da rendere il tutto ad ogni play un’esperienza irripetibile, mai uguale a sé stessa.
Ecco perché sembra inutile descrivere singolarmente le tracce, ognuna deve essere ascoltata, riascoltata e vissuta, a tal punto da farsi lasciare addosso dei segni, che possano identificare non solo la traccia ma anche le sensazioni che essa ci provoca.
E a voler esser precisi, sono tracce come l’intermittente elettro-tribal “We R You” con il suo irresistibile incedere, la successiva “Colère”, esecuzione francese in diretta da un mondo creato ad hoc per farvi vivere esperienze a dir poco incorporee, e la penultima “Jesus B. B. Q.” tormentato passo di Amaury e Nathalie Forget, che danno a questa creatura la paradisiaca e diabolica vitalità necessaria a sopravvivere per altri trecento anni.

Questo album è di sicuro figlio del diavolo, ovviamente dell’arte. Ma solo scriverne non può rendergli giustizia. Provate con una traccia, un’altra ed un’altra ancora, siamo sicuri che la sua lingua ed ogni suo suono che sfioreranno il vostro orecchio, stimoleranno in voi un mondo di presagi non chiari, alla cui forza non si può far altro che soccombere.

Voto:◆◆◆◆◆

Label: Acid Cobra Records


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