lunedì 18 novembre 2013

I Cani - Glamour (Recensione)

I Cani sono una band furbetta, emersi grazie alla capacità di farsi notare e di cavalcare l'onda del momento, con trovate di marketing in grado di suscitare l'invidia della maggior parte dei gruppi emergenti italiani. I Cani sono una band spietata, prendono tutto quello che vogliono con i loro slogan e con il loro pubblico, sfruttano le rivalità e la loro città, specialmente si fanno beffe dei loro stessi fan, che forse non si sono accorti che si stanno facendo prendere letteralmente per il culo.

Il nuovo disco Glamour , dobbiamo dirlo, è parecchio diverso dal primo, specialmente nelle sonorità che appaiono da subito meno sporche, sopratutto nell'uso della linea vocale e dei synth. Già nell' "Introduzione" troviamo parecchie divergenze rispetto al "Sorprendente album d'esordio..." (leggi qui la nostra recensione),con un'atmosfera decisamente Bianconi old school. "Come Vera Nabokov" e la collaborazione con i Gazebo Penguins  in "Corso Trieste", mi convincono quasi a sostenere che Glamour potrebbe essere valutato come un buon lavoro. Peccato che tutte le certezze crollino non appena parte "Non c'è niente di twee", pezzo che farebbe rabbrividire persino Federico Moccia. Certo l'orecchiabilità fa parte del gioco, ma l'insostenibilità  radiofonica è troppa. E' il classico esempio di come tutto faccia parte di una strategia studiata a tavolino per attanagliare adolescenti in preda ad una crisi sessuale e di identità, i giovani hypsters che giocano a fare gli studenti universitari e pure i fan di Justin Bieber. La catastrofe annunciata diventa definitiva quando i pezzi iniziano a contenere dei chiari richiami a qualcosa di talmente lontano che viene quasi da ridere, come  "Storia di un impiegato", e credetemi che ci vuole un bel coraggio per citare anche solo il titolo del disco di  De Andrè quando suoni sta roba qua . Poi c'è anche "Storia di un artista", in cui addirittura parlano di Milano. Ma non sono stanchi di sperimentare la loro vena da cantautori moderni (ovviamente senza perseguire alcun filo logico con tutto il resto) nella "San Lorenzo" di altre improbabili e scontate citazioni ed allusioni alla città.  Meno male che alla fine parlano di "Lexotan" e di psicanalisti, anche se parlare è un parolone vista l'assoluta disconnessione dei testi e delle frasi messe a casaccio ripetute all'infinito.

Una cosa è certa, questa band è rimasta coerente anche facendo un disco diverso e, anche se si sono attirati addosso l'hate di gran parte della critica, continuano a fottere tutti mentre noi ci incazziamo ascoltando la mezz' oretta di Glamour. " Non c'è niente di twee a Roma Nord, ma bestemmie scritte sui muri" , proprio quelle che tiriamo ad alta voce mentre loro se la ridono a crepapelle.

Voto: ◆◆◇◇
Label : 42 Records

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