martedì 13 ottobre 2015

Zeus! - Motomonotono (Recensione)

Dopo aver divorato il precedente Opera, ed essermi fatto venire l’acquolina in bocca con l’antipasto fornito dal Metamorphosplit condiviso con gli Ornaments, attendevo ansiosamente di affondare i denti nella nuova fatica degli Zeus!, al secolo Luca Cavina (basso) e Paolo Mongardi (batteria). L’unica traccia con cui hanno partecipato allo split uscito questa primavera era infatti già da sè fonte di assoluta curiosità, vista la natura estremamente dilatata ben distante dalle atmosfere sonore parossistiche solitamente intessute dal duo a più alta gradazione di sudore su di un palco. Incuriosito dalle possibilità che questa vena sperimentale potesse portare, e al contempo timoroso (in maniera molto moderata in realtà) di una svolta troppo radicale che staccasse in maniera esagerata da quanto apprezzato in precedenza, mi sono quindi gettato a capofitto nell’ascolto, per poi rimanere per due settimane privo di questi brani causa rottura di pc e chiavetta usb contemporaneamente. Niente Motomonotono dalle casse del pc, niente Motomonotono dalle casse della macchina: ma questi, converrete, sono cazzi miei di cui anche sticazzi (detto alla romana).
La scampagnata con gli Ornaments ha sicuramente lasciato qualche rimasuglio, ma bisogna aspettare la seconda parte dell’album per averne la riprova: le intro vagamente psichedeliche di Rococock Fight e San Leather sono un’avvisaglia, ben più corposa è invece l’eterea pausa centrale di Shifting, ancora più efficace grazie all’inedita ed efficace vena tribale che la batteria di Paolo Mongardi sfodera prima della stessa e alla rincorsa sempre più sfiancante che gli strumenti sfoderano man mano che si avvicina il finale. L’episodio finale è l’estremizzazione di queste nuove idee, una traccia simil ambient in cui fa in tempo a mostrarsi comunque la personalità della band, particolarmente quando malevole distorsioni si animano poco prima del finale...tutto sommato Phase Terminale soffre però del paragone con la Rota proveniente dal già citato split, ed è un confronto impari da cui l’ultima traccia di Motomonotono esca ridimensionata.
E la prima parte dell’album? Troppo facile dire che gli Zeus si sono limitati ad un “more of the same”, perché già dall’iniziale All Your Grind Is Love, gioiello mutevole che passa con nonchalanche dalla velocità folle iniziale ad una pausa che sa quasi di doom per poi librarsi pian piano di nuovo verso vette inesplorate di velocità sonora (piccola postilla: per fortuna la fantasia sui titoli rimane inalterata ed assolutamente sublime), si nota come la batteria suoni in maniera diversa. Tutto l’album risente di un approccio che, piuttosto che cercare ostinatamente il muro sonoro compatto del precedente disco, preferisce spiazzare lasciando gli strumenti liberi di rincorrersi in maniera solo apparentemente casuale: Colon Hell, singolo dal video non adatto agli epilettici, è un esempio concreto di questo modo diverso di trainare a ritmo indiavolato l’ascoltatore, almeno prima del ricompattarsi finale in cui le urla di Luca si affacciano a dare degna conclusione al tutto. Forza Bruta Ram Attack esaspera il concetto, ed è sicuramente una delle prove più riuscite dell’intero disco assieme a Enemy E Core, più vicina alle vecchie atmosfere tanto che nella sua struttura ricorda vagamente la però ben più lenta e cadenzata Giorgio Gaslini Is Our Tom Araya: strofe ripetute all’eccesso con aggiunte sempre più ampie di un basso estremamente distorto, fino ad un finale che definire brutale è poco.
Si è perso qualcosa per strada però? Poco, ma Motomonotono corre per la sua strada in una maniera forse eccessiva. Gli stop & go che caratterizzavano alcune delle tracce più riuscite di Opera qui sono accennati solo in pochi punti del disco, con basso e batteria impegnati in una continua rincorsa che vieta qualsivoglia momento di silenzio: ottimo per brani come Panta Reich, compatta e marziale come non mai, meno per pezzi come Krakatoa e San Leather, in cui un gioco al rimpiattino fra i due strumenti avrebbe giovato a rendere meno oppressive le atmosfere che si vengono a creare.
Motomonotono, insomma, è un degno successore di cotanta discografia, innovativo rispetto a quanto fatto in precedenza ma in maniera inaspettata rispetto a quel che pensavo. Opera rimane un passo avanti, c’è da dirlo, ma il muro sonoro del duo riesce a rimanere notevole senza cadere nella trappola della ripetizione. Fantasia al potere, bravi!

Voto: 
Label: ThreeOneG, Sangue Disken, Tannen Records

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