Quello di Giorgio Canali è un viaggio iniziato alla ricerca di Lazlòtoz e che lo ha portato solo recentemente ad interrogarsi sul proprio io, quello sfocato e perso a mancare nella foto, ma non solo. “Nostra Signora della Dinamite”, sotto molti aspetti, era un album diverso rispetto ai precedenti dell’ex CCCP/CSI e, in un certo senso, metteva a nudo la sfera emozionale di Giorgio che si cimentava in una prova molto più intimista, un cantautorato rock dove la rabbia era soffocata dalla prosa e da una certa arrendevolezza, di cieli non più blu ma dipinti di merda, caducità dei sentimenti e lezioni di poesia. Probabilmente da allora molte cose sono cambiate nel nostro paese, perché come ben si sa, soprattutto per quanto riguarda la musica di certi artisti, così sensibili a ciò che li circonda, la società nella quale si vive è strettamente correlata con essa. I cambiamenti sembrano sempre puntare al peggio tanto da soffocare il buon Giorgione nazionale in una sorta di blocco creativo all’interno del quale tutto ciò che si riusciva a pensare (e scrivere) eran solo bestemmie, rivolte più contro sé stessi che verso gli altri, nel restare taciti osservatori di una situazione destabilizzante (alzi la mano chi non mai ha provato tale sensazione con tanto di bestemmia annessa). Poi una mattina ci si sveglia con il canto dei sanculotti incazzati in testa, quella carmagnola intonata contro la classe dirigente parigina dell’epoca , a dare nuovo sprint alla creatività e un punto di sfogo per una rabbia crescente e irrefrenabile nel solo affacciarsi alla finestra. E infatti “Rojo”, quinto album con i Rossofuoco, è un disco altamente rabbioso, se non puramente nelle sonorità , (tornate leggermente a vagare dalle parti di “"↓"”) nelle tematiche attuali e di denuncia, che qualora sfociano nel luogo comune, portano ugualmente un senso che, dove non è di riflessione, rimanda ad un’ esternazione del genere “le cose van dette come stanno”. Se infatti “Regola #1” incita alla rivolta e appare come manifesto alla lotta per i tempi che corrono (“regola numero uno sfasciare tutto”), con tanto di figure da cronaca urbana (lancio di sanpietrini , bancomat demoliti e cenerini castigati) e frasi d’uso comune come “ricordate il papa veste Prada” , è anche vero che sentir dire determinate cose, in determinati momenti della giornata, lascia defluire in noi una certa soddisfazione. Immagini rimandate che si elevano a piena esternazione di denuncia, nelle quali anche Giorgio è cosciente dell’immaginario collettivo , “del divorare bambini”. Poi vi sono le melodie memorabili di “Ci Sarà”, con le armoniche (altre protagoniste dell’album) tanto care a Canali nei live antecedenti all’uscita di questo disco. Un brano emozionante e dai toni speranzosi e malinconici, a interrogarsi inequivocabilmente su quella ricerca di valori e rapporti a cui ognuno di noi agogna nel sopravvivere all’interno di un contesto al quale non si sente di appartenere ”Ci sarà un disegno divino che riempie di trappole questo cammino…ci sarà una terra promessa. Ci sarà una riscossa…Ci sarà una storia d’amore che non mi faccia sanguinare. Ci sarà uno stimolo speciale per non mandare tutto a puttane…” E poi le ballad che incanalano il cantautorato doc italico in una cornice alcolemica da Pastis tagliato. “La Solita Tempesta” ( featuring Angela Baraldi) quasi a fare il verso a “Certe Notti” ma con un testo molto meno da falò nel quale si parla di scimmie (sulla spalla), occhi sgranati, specchi in frantumi e riflessi di mille ferite. C’è la sfuriata travolgente della “Carmagnola #3” , annunciata e rilasciata in anteprima a ribadire una certa coerenza con l’operato di sempre ( “Hasta la victoria siempre” che assuma forse oggi un significato alquanto anacronistico?). “Controvento” torna in zona ballad, riuscendo a intrattenere in modo discreto e suscitando una riflessione tipica da accendini rivolti verso un cielo qui “sferzato da un vento nero che porta temporali”. Si susseguono, in parte scontati e alleggeriti da quel carico di sano cinismo che in ogni momento maschera attimi di istintiva ricerca costruttiva, brani come “Orfani dei Cieli” e “Treno di Mezzanotte”, quest’ultima, che in modo alquanto fiacco, volge in zona Bennato e della quale onestamente non si sentiva più di tanto l’esigenza. L’esperienza live del tributo ai Joy Division sembra aver dato i suoi frutti nelle ritmiche wave sincopate di “Un Crepuscolo Qualunque”. A far da protagonista questa volta è un paesaggio nel quale le ombre si allungano sui campi da golf e le villette blindate di quella classe borghese così tronfia nell’ostentare il proprio essere, fregandosene del resto e dormendo in “un’inesistenza ad occhi chiusi e senza fine”. Non ti aspetti poi la virata rock di “Risoluzione Strategica #6”, quasi una sorta di cover degli Stones, inneggiante alla rivoluzione. “Sai Dove” è un inno ai fondamenti laici che, quando sembra esser per la libertà (“appiccica croci dove meglio credi ma giù le mani dalla mia vita. Vivi e lascia vivere”), lunaticamente parte all’attacco con “ sai dove ficcarti la tua verità, la tua fede. Hai ancora sulle chiappe i segni degli artigli del tuo prete” mentre “sprechi il tuo tempo con un rosario tra le dita”.
Si è forse capito, senza tanti giri di parole, che Canali non risparmia nessuno. Ce n’è per tutti. Il fatto di non nascondersi più dietro figure poetiche e suggestioni sonore che giustifichino anche la bestemmia o il linguaggio più estremo, può portare a una conclusione molto riflettuta su questo “Rojo”. Né più, né meno, “Rojo” si conferma come un disco di Giorgio Canali e i Rossofuoco dai quali non ci si aspetta altro che ciò di cui si è appena parlato. Anche il fatto di ridurre la prosa al minimo, in favore di una rabbia viscerale che nelle figure quotidiane prende vita davanti ai nostri occhi, può esser cosa permessa ad un’artista del genere che, nella coerenza mantenuta durante tutta la sua carriera, sente esplodere il suo “io” in uno sfogo lessicale che prende vita sotto forma di denuncia senza tanti fronzoli o riguardo alcuno. Si continua, quindi, a battere sempre lo stesso chiodo. La cosa che ci si aspetta, magari, è che anche Giorgio Canali non venga dimenticato come un altro “martellatore” di nome Laszlo Toth...
Voto: ◆◆◆◇◇+
2 comments:
"Laszlo Toth", ma non è Lazlo Tòz?!
capito! http://en.wikipedia.org/wiki/Laszlo_Toth
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