giovedì 1 settembre 2011

Lamb – 5 (Recensione)

Lamb 5 coverUn tassello dalla forma numerica di un 5 ancora si aggiunge al mosaico che definisce la straordinaria e rarefatta personalità artistica dei Lamb, qui al rientro mondiale per riaprire un “on air” che si era zittito da quel Between darkness and wonder che aleggiava impalpabile lungo lo scheletro del 2004; Lou Rodhes e Andy “Hipoptimist “ Barlow, il nocciolo nucleare della più bella storia che il cosmo trip hop e drum bass possa aver regalato alla Terra sono di nuovo insieme nella migliore sintesi artistica dopo vicissitudini personali che per otto anni hanno reso orfani trip-hopnauti d’ogni latitudine e longitudine.

Chiaro che è stupido ribadire che l’epoca di Goreki è oramai cosa agli antipodi della memoria e che forse da questo nuovo “passaggio di cometa” del duo di Manchester non sia per nulla foriero di novità, nuovi slanci e differenti ibridazioni di suoni, ma ad un avviso tutto personale credo che è appunto questa forma grezza e incontaminata la straordinaria forza propulsiva dei Lamb che va a preferire lo scandagliare piuttosto che girare in un’avanscoperta di vuoto i suoni elettronici e portarli a flirtare poi con l’immaginazione ed il sogno nei sospiri caldo/algidi di Louise, e il trip, la metafora negli alambicchi macchinosi e digitali di Andy. Ed è una ricetta che non conosce stop, ogni volta torna evanescente e galattica come non mai.

Nulla di clamoroso se si cercano a bordo della tracklist forme strane e magari omini con cinque occhi e una coda a turacciolo, è il sound di sempre, è il pulse dei Lamb, la carta d’identità di un duo che fa della spiritualità elettronica la trance, il delirio e lo sconvolgimento di una forma mentis che vuole “deviare dalle consuetudini umane” e “volare di suo”; e se si presta attenzione tante sono le animelle che si aggirano gioconde e impalpabilmente cherubine tra un samplers e l’altro, i glitch brinati dei MumButterfly effect”, Beth Gibbons dei Portishead che accenna passi di danza in “Build a fire” e batte il tamburello tantrico in una stupenda “Wise enough”, viene fuori in tutta la sua magica tranquillità il duetto con Damien RiceBack to beginning”, s’intravede la via gaelica dei sogni infiniti “Rounds fino al vertiginoso significato della contemporaneità che i Lamb – nolente o dolente additati come “conservatori integralisti della specie” – riportano nella fedeltà, fragile e intensissima, di un’aura cosmique che li rende comunque immortali come folletti di pianeti e forme di vita paralleli.

Toc Toc, il disco è finito, ora potete liberarvi dalle cinture di sicurezza, per farne ancora un altro basta digitare repeat e chiudere gli occhi; i Lamb vi augurano buon viaggio, come sempre del resto.

Voto: ◆◆◆◆
Label: Strata Music 2011


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