Non ha fondo il cilindro dello stregone d'Amburgo Nils Frahm. Nel 2009 tirò fuori il suo primo coniglio bianco “Wintermusk”, poi un secondo, più grande, così grande che servì la mano di Peter Broderick, il terzo fu così timido che ci vollero le dita di una donna, la violoncellista russa Anne Muller. Oggi il giovane Nils estrae una materia indefinita, così delicata, così silenziosa nei suoi movimenti da non poter essere sfiorata “Felt”.
Dopo molteplici esperimenti (Vedi l'album di Emphemetry "Lullaby hum for tired") il giovane pianista ha voglia di respirare l'aria di casa, per casa si intende “Wintermusik”. In molti si chiedevano quand'è che Nils tornasse sul palco senza rete, “Felt” è la risposta, non solo a quest'ultima domanda, ma anche a chi si chiedeva se fosse ancora in grado di creare illusioni come nel suo primo spettacolo di magia. Basta “Keep” e nascono da subito rose ed orchidee sotto le scettiche narici di chi affermava che Nils fosse oramai orfano di nuovi trucchi. L'illusionista agita il suo mantello oscurando il teatro “Less”, l'importanza del silenzio, come in Dustin Ohalloran and Adam Wiltzie, il trucco? Microfoni posti all'interno del piano, creano un'atmosfera ancor più intima e delicata. L'illusione che stia respirando dietro la nostra nuca “Familiar” ci voltiamo di scatto e non c'è o forse non riusciamo a vederlo, senza renderci conto di cosa stia accadendo, cosa c'è sotto di noi, cosa stiamo sorvolando “Unter” è forse la miglior illusione dell'album, il mormorio soffocato dal fischio di un uomo solo con il suo strumento, “Old Thought”in una notte d'oriente se ne sta adagiato sulla sabbia a far l'amore con esso. Sospirata “Kind” stanca, quasi inerme, offre ancora più pathos all'oscura “Pause” accordi violenti come tuoni in un cielo azzurro, rabbia e lento dolore caricano un finale straordinario “More” apparentemente un uroboro di “Keep” ma qui siamo pieni fino all'orlo di suoni pizzicati e ronzii a metà strada fra l'ambient e il barocco. Nove minuti passati a nuotare a cavallo di un'orca sotto un cielo di ghiaccio nero, fino al minuto 4:33 dove tutto cambia, che vadano al diavolo i vicini! Nils domina il piano con violenza quasi “Bartókiana”, e chiude l'ultimo numero di magia con un imprevisto e clamoroso soffio psichedelico.
Una registrazione che rende l'album particolarmente ingordo, graffiandoci le orecchie come un ago da sismografo; i silenzi sporchi e divini come il vuoto dell'inizio di un 33giri. Ancora una volta Nils Frahm sorprende e realizza un album eccellente, ottime le idee, ottimi i giochi di tempo ed ottima la scaletta dell'album. Forse la fame sperimentale di Nils non è ancora sazia, si diverte, ci diverte, ci sorprende, ci affascina, ci strega.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Erased Tapes
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