mercoledì 19 dicembre 2012

Cheek Mountains Thief - S/t (Recensione)

Non poteva essere più azzeccata questa uscita discografica proprio nel momento in cui il clima natalizio avanza a passo lungo e voglioso di atmosfere del lontano nord. Stiamo parlando del disco omonimo dei Cheek Mountains Thief, progetto di Mike Lindsay, ex Tunng che, mentre si trovava in un villaggio di pescatori sull’isola di Husavik, è rimasto fulminato dall’aria, dal tempo e dal fascino folk che circola a quelle latitudini, ed insieme alla chitarra di Oskar Andri ed il violino stravagante di Lara Soley Johannsdottir, da corpo a queste sue emozioni in dieci tracce che danno la dimensione giusta per un ascolto rigenerante e meditativo al massimo.

Un indie-folk poco allineato ai clichè di settore, ma un misto di visioni, psichedelia e dreaming che - per certi versi – paiono rievocare quel gioco spaesato che appunto i Tunng e Sigur Ros hanno lanciato nei cieli azzurri del Nord Europa e che tanto hanno subliminato ovunque, un disco spezzato e mai uguale, ricco di contaminazioni effettate e mid-tempo, melodie e reazioni improprie con le quali è stupendo stare al gioco, con le quali è immediato il feeling e le scorribande da fare insieme lungo la tracklist; forse un raga dell’anima, forse un insieme di favole colorate o fole scribacchiate nell’acqua di un qualcosa di magico e tribale nello stesso tempo, piccole pietre preziose che luccicano e si dissolvono una volta esaurito il loro compito di meravigliare, una volta uscite dalle casse e poi rientrate – come folletti della tundra – attraverso i woofer.

E i sogni di Lindsay e soci prendono forma e consistenza in ballatine in punta di piedi “Strain”, “Attack”, “Nothing”, brani con mille rumorismi d’ambiente tenerissimi come lapilli di un bel fuoco invernale “Snook pattern”, atmosfere polari pizzicate da corde a corto “Spirit Fight”, umori orientali che avanzano danzando “Wake him” o le stupende trombe che riecheggiano pompose e prime donne in “Darkness” come in un musical dedicato alle divinità dei boschi, ai fantasmi buoni che infestano festosi il sottobosco di questa opera d’autore esemplare.

Non ci vuole molto per restare stupiti innanzi a questo mondo sonoro che gli CMT imbastiscono in men che si dica, basta chiudere gli occhi e lasciarsi portare via e non rimpiangere niente di quello che ci si lascia dietro, e questo per una bella scheggia di tempo.


Voto: ◆◆◆
Label: Full Time Hobby 2012


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