giovedì 7 novembre 2013

White Hills – So You Are….So You’ll Be (Recensione)

E’ un disco che prende per le orecchie e non molla mai la presa. Stiamo parlando di una forma musicale molto, ma molto intraprendente, un mix di spacey, psichedelica, sbornie di gruppo e deliri di massa che atterrano direttamente da So You Are..So You’ll Be, secondo lavoro dei White Hills, band di Brooklyn con forti discendenze Hawkwind per quanto riguarda la “stirpe” e cosmiche per quanto concerne le traiettorie alieno-soniche.
Già promettente e ambita sonorizzazione di film come Only Lovers Left Alive del regista Jim Jarmusch, la tempra elettrica della band è un continuo e vorticoso “andar per stelle” che se all’inizio può sembrare squinternato, poi, a seconda delle evoluzioni, esce direttamente dai dubbi per entrare in gloria a chi si è sintonizzato con esso, e da lì in poi è tutta una cadenza  in alta definizione che sembra uscita da uno strano mix di sci-fi in versione elettrificata e un flusso garage-psich, un disco marziano che fa provare – in una manciata di minuti – sensazioni e sciami extra-terrestri.
Fuzz, deviazioni di watt, decadenza anni Settanta, i Chrome che occhieggiano da dietro ogni angolo della tracklist, e tanto magnetismo accelerato donano all’ascolto quell’appartenenza ambientale quasi in 3D che è poi difficile scrollarsela di dosso, una contaminazione interstellare che in nove tracce sgrana anche quel romanticismo trascinante alla Curved Air che tanto fece in anni non sospetti per la causa dei “viaggi mentali indotti”, e che ora con i White Hills viene riportato a galla (nel vero senso della parola) in una sostanziale riappropriazione degli spazi, dell’onirico e degli invisibili ambienti siderali.
Si, un disco ibridato al mille, mistero e  materia plasmabile si uniscono in trascinanti excursus dilatati, nel caos amperico che dilaga in In Your Room, l’abbozzo beat che circonda la titletrack, il dettaglio rumoristico di Out Words, il motorik Hendrixiano che vaga dentro Rare Upon The Earth o nelle battute rock che MIST (Winter) rilascia come un arrivederci in chissà quale parte dell’infinito Infinito, il resto è cronaca di woofer e coni allucinati, un ascolto/Enterprise che aizza ricordi e forse nuove frontiere da visitare. Per attenerci all’ora come presente quello che si può aggiungere – oltre i suoni e i rumori – è quella famosissima frase che diceva…Telefono…Casa!!!      
Musiconauti, fateci su un bel giretto coraggio, ne vale la pena!

Voto:  ◆◆◆
Thrill Jockey 2013

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