A guardare le foto si potrebbero
tranquillamente sbolognare gli Hot Complotto come un semplice gruppo
punk, viste le pettinature aal'insù che sfoggiano due membri su tre
(notevole la cresta del batterista). Poi scopri che il nome è un
omaggio a quel Great Complotto di Pordenone che è stato il
germe, negli anni 80, da cui sono nati poi gruppi come Prozac +
e Tre Allegri Ragazzi Morti. Infine li ascolti, curioso, e hai
la conferma che oltre all'immagine c'è di più in questo scatenato
trio varesotto.
Non che manchi il punk, sia
chiaro: la cifra stilistica degli undici brani che compongono questo
omonimo album d'esordio è perlopiù quella, col ritmo che cala ben
di rado e che in brani come il singolo Pezzi di te
porta piacevolmente all'estremo il concetto (con qualche
rallentamento che non fa che avvalorare le accelerazioni), ma le
influenze che si palesano qua e là sono molteplici. Estreme ma
azzeccatissime quelle pseudoelettroniche di Tecnofavole
(e l'incipit iniziale è fatto da un basso a dir poco versatile),
piacevoli quelle funky espresse in maniera evidente in Brutte
abitudini ed in maniera più
limitata in Passo alieno
(l'episodio più scuro dell'album, con un ritornello dal ritmo
spezzettato ottimamente congegnato), gli Hot Complotto si permettono
anche di giocarsela col wah ispirato che fa capolino qua e là ne In
un frammento. Anche nei brani in
cui le influenze sono più circoscritte le cose non vanno affatto
male visto che il ritmo dell'iniziale Se e
di La tua ossessione
(più scatenata nei ritornelli rispetto a strofe in cui il funk fa
ancora capolino) sono coinvolgenti, trascinate anche dal cantato di
John Complotto che
riesce spesso durante il corso dell'album a mettere un qualcosa nelle
linee vocali che lo porta molto al di là del compitino ben fatto.
Tutto perfetto allora? Beh non proprio.
Il
finale del disco infatti mette in luce alcune piccole sbavature, e se
l'acustica Neve
che lo chiude è comunque affascinante (anche grazie al violoncello),
pur se troppo avulsa dal contesto generale, sono le derive più
poppeggianti di Non
voglio niente
(notevole però l'intermezzo jazzistico) e soprattutto di Milano
al buio a
far storcere un po' il naso. Niente di clamoroso sia chiaro, ma
l'impressione di aver voluto mettere troppa carne al fuoco rimane
impressa una volta terminato l'ascolto.
Scatenati ma attenti agli arrangiamenti, vero fiore all'occhiello
della produzione, gli Hot Complotto reggono ottimamente il gioco
scivolando in parte solo nel finale. Dovendoli giudicare attraverso i
freddi numeri mi trovo indeciso fra le tre e le quattro stelle, ma
siccome sono uno scassapalle di natura mi riservo di dare quel mezzo
punto che qui mancherà alla loro prossima opera discografica: le
qualità per fare di meglio ci sono, magari amalgamando in maniera
ancora più ottimale le varie influenze che in questo disco ogni
tanto fanno smarrire l'orientamento. Ultimo appunto: non perdeteveli
dal vivo perché ci sanno fare davvero.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: autoproduzione
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