Brandon Boyd e i suoi Incubus sono molto cambiati nel tempo (forse troppo), dalla partenza nu-metal “aggraziata” in quel 1990 californiano, sono passati – non senza dolore – ad una sorta di romanticismo alternativo sgrassato dai nervi ma sempre interiorizzato, ruminato e seghettato, e questo fino alle pendici del 2006 a cavallo di un disco di maniera “Light Grenades”, che in molti – giurano – sia stato la causa di un certo scollamento amicale e ispirativo della band di Calabasas. Questo 2011 vede la rottura di cinque anni di silenzio forzato con la comparsa di un nuovo lavoro in studio “ If not now, why?”, e per tranquillizzare subito fans ed osservatori , anche dopo molti giri d’assaggio la risulta e che non è un disco brutto, ma neanche un capolavoro o una sorpresa, sono gli Incubus di sempre.
Una bandiera senza più vento oppure una band che si rigira e rigira come a mordere la propria anima pentita? Vacci a capire qualcosa, ma carta canta diceva il saggio e quello che viene dritto nelle orecchie da queste undici tracce è sempre quella bella orecchiabilità imbronciata, senza età, quelle ballatone con lo spirito tra i denti e i capelli al vento scapigliati e un po’ selvaggi, ma poi? Quando si può pronosticare un minimo di crescita esponenziale e magari mandare tutto in cortocircuito ed invertire la marcia di uno stile che in pochi anni è già masticato, consumato e digerito dalle moltitudini?
Se non ora quando? Appunto già il titolo la dice lunga e poi sentirsi affibbiare l’etichetta di essere approdati ad un pop radente al teen solo per tornaconto di gruppo non è cosa che porta molto lontano e fa accapponare la pelle ai puristi, ma nessuno può farci niente, sono scelte e tattiche confezionate con nastro e fiocco traslucido per abbagliare.
Rimane sempre in fondo l’onestà di un disco – se uno non cerca il più – bello, trascinante e radiofonico, con quella giusta dose di “Grrrr” quanto basta per trasformarsi in ombrosi heroes dal cuore tenerone sopra ballate da accendino acceso “Promises promises”, “Isadore”, “Defiance”, bello il crossover che riporta la memoria agli inizi della formazione “Switchblade”, l’estetica elettrica sfuggente “Thieves”, il tocco country churching “In the company of the wolves”, tutto bello e sweetly, ma già tremendamente sentito a raffica, svilito della carica rock ematica e uguale a tanti altri prodotti che circumnavigano affannosi palinsesti e chart del circondario.
Si propone di dare tempo al tempo e lasciare a Boyd e company la bussola per una navigazione non più a vista, ma con un obiettivo certo e di svolta, poi – come si dice – a buon intenditor poche parole, meglio suoni nuovi.
Voto: ◆◆◆◇◇
Label: Epic Records
2 comments:
Forse prima di dire che sono sempre i "soliti" Incubus conviene riascolare con attenzione S.C.I.E.N.C.E.. Certamente non hanno mai scritto cose originalissime, ma i brani di questo disco non sono semplicemente degni di esistere. Se ad un disco togli l'energia del rock (per quanto la si voglia moderare e stemperare), togli anche l'anima. Personlmente odio sentire il cantante che si "canta addosso", desideroso di sentire come risuonano gli armonici e i gorgheggi della sua voce sullo stesso accordo che dura 20 battute. Ovvio che non si può riproporre a oltranza il funky-metal e che bisogna cambiare, ma questo disco mi pare più una presa in giro che un cambiamento. Mi chiedo che energia possa trovare un ragazzo che voglia ascoltare un po' di rock e che si ritrova come alternative questa roba oppure i Red Hot sbiaditi. Non mi stupisco più del fatto, allora, che oggi il rock sia uno sconosciuto e si faccian carte false per andare ad ascoltare Lady Gaga (o mio Dio!) o Katy Perry (o mio Dio!). Mi dispiace ma non accetto l'etichetta pop per giustificare l'obbrobrio. Sting ha sempre fatto dei dischi pop belli e sputtanati ma che fanno muovere il culo anche se capisci 2 parole ogni 10 di ciò che dice. Segno che la musica o la si sa scrivere o è meglio cambiare mestiere. Qui mi sembra che si sia lasciato all'arrangiatore l'arduo compito di compensare con i suonetti e i trucchi del mestiere la povertà di idee. In pratica ciò che accade sui dischi italiani da sempre.
Dire che i brani di questo disco non sono degni di esistere è una dimostrazione di pura ignoranza per la musica in quanto tale. Gli incubus sono attualmente uno dei pochi gruppi che veramente FA musica nel vero senso della parola. Non hanno pretese e fanno semplicemente il loro lavoro, mettendoci una grande passione artistica e sentimentale.Fare rock non vuol dire tamburellare ad alto volume una batteria e una chitarra; il rock è un messaggio. Un messaggio per piccoli, adulti e anziani. Non credo che dietro a questi brani spettacolari ci sia monotonia o povertà di idee, vedo invece grande inventiva per lo sviluppo di un genere che si distanzia dai vecchi lavori, creando però uno stile unico e autentico. La voce di Brandon Boyd non sovrasta un accompagnamento musicale banale e ripetitivo, ma riesce a trasmettere emozioni incredibili, passando da motivi tristi, allegri e meditativi in un batter d'occhio. Lady gaga, katy perry, kesha e chi altri sono capaci di trasformare un processo di suoni in VERA musica?? Non credo proprio. Lamentarsi di uno dei pochi gruppi seri in circolazione dimostra la segreta ammirazione per teste di °°°°° come justin bieber. Incubus per tutta la vita!!! Continuate a fare vera musica!!!
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