lunedì 7 novembre 2011

Andrew Bird - Norman Soundtrack (Recensione)

Andrew Bird - Norman SoundtrackSembra infinito il sentiero di mattoni gialli intrapreso dallo statunitense Andrew Bird. La nuova ed appassionante sfida intrapresa questa volta è una colonna sonora per il film indipendente “Norman”. Diciannove tracce versatili ed imprevedibili, ricche di colori folk e sfumature sperimentali, grazie anche alle collaborazioni di artisti come Chad Van Gaalen, Wolf Parade e The Blow with Richard Swift, regalando brani davvero significativi. Un effetto inaspettato anche se prevedibile da uno come Bird che ha dato più volte prova di non avere limiti in ambiti sperimentali.

“Scotch and Milk” presenta l'album con attimi dub subito soffocati dal nostalgico violino e glockenspiel a cui Bird sembra essere molto affezionato. “3:36” ci fa cadere a cavallo tra una savana e l'ingresso di un buco nero, cullandoci con il classico ed immancabile fischiettio alla Morricone. Aspettiamo “Arcs and Coulombs” per sentire se nasce un po di ruggine fra le ugole di Bird, che ci delizia il palato con un classico folk dei suoi; in quanto alle ugole sembrano aver preso lezioni da Carla Fracci. L'album naturalmente è poco fluido visto che stiamo parlando di una colonna sonora, ma offre spazi a campione ben definiti. Un “S.O.S.” contraddittoriamente delicato quello lanciato in aria da Blow with Richard Swift, rendendosi protagonisti nonostante l'ospitalità suggestiva del padrone di casa, che ritorna prepotentemente sotto i riflettori con un ambient sbalorditivo in “Nice Hat / Exit Sign / Angelo Speaks” seguito da “Medicine Chest” paradossalmente inquietante, e dal profumo nipponico. Un arpeggio vocale apre e segue in maniera imprevedibile “The Kiss / Time and Space / Waterfall”, stendendo un rosso tappeto per l'ingresso in scena dei canadesi Wolf Parade con “You Are a Runner and I Am My Father's Son (Redux)” ipnotica e ruffiana questa traccia crea una strana dipendenza, causa dell'infinita varietà di sapori nostalgici che racchiude. Un compito arduo quello lasciato all'altrettanto canadese Chad VanGaalen (Black Mold) che si ritrova a dover incidere l'ultima traccia ospite di quest'album, dopo le sconvolgenti creazioni dei precedenti. Nulla da invidiare a chi prima di lui è salito su questo particolare palcoscenico temporale, “Rabid Bits of Time” sconvolge già dalle prime parole, esordite con macabra sicurezza “You've been dead for years” una fantastica parentesi cantautorale e non solo, “No one knows where we go...no one knows where we go,when we're dead or when we're dreaming” prima di essere uccisi o svegliati dalle rotaie di un treno. Restano sei tracce tutte per il padrone di casa, incastrato in uno squarcio temporale crea una suspense teatrale all'inizio di “Build Up to the Fall” attenuata un po alla Daniel Johnston ed esplosa nel finale alla “Sigur” Bird. Dalla celestiale “Epic Sigh / The Python Connection” al collegamento tra “The Kiss / Time and Space / Waterfall” e “The Bridge” tutto scorre lieve ed armonico, fino a “Night Sky” che ci regala quattro minuti di respiro con la testa fuori dalle nuvole. Una pausa ingannevole, smorzata dal canto di una balena “Afterspreak / Things Come to a Head”, sempre più buio, sempre più soli, attimi di caldo silenzio presentano al meglio “Darkmatter” un'esplosione di luce ed energia in formato technicolor ad illuminare ogni meandro di questo palcoscenico, si scoprono i trucchi, i segreti e i tranelli nascosti in questo mondo artificiale così naturale.

Un album faticoso, dall'ascolto ricercato e difficile da collocare, quasi un viaggio in 4D, un ipnotico teatro che muta ad ogni pausa lasciando in bocca quel sapore tiepido ed agrodolce.

A Maria

Voto: ◆◆◆
Label: Mom + Pop Records


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