"Non mi ripeto quanto è servito?" dedicarsi ad una palestra per l'anima, un territorio sconfinato, in cui perdere e poi ritrovarsi a dire "sono pronto". Inizia così il nuovo Havah progetto solista di Michele Camorani già batteria dei "La Quiete", "Raein" e deus ex machina di Serimal, sostanzialmente una delle menti più ispirate e coinvolte, dell'"indie" italiano post 1999.
Coadiuvato ai testi dall'onnipresente
(e sempre ottimo) Jacopo Lietti, Havah ci porta indietro nel tempo
all'inizio dell'avventura italiana alternativa. La "scena"
post punk, new wave, chiamatela come volete, fiorentina di inizio anni
'80 ha segnato profondamente le coscienze musicali del nostro paese,
troppe volte questa verità è stata taciuta o nascosta per chissà
quale motivo. Dopo l'uscita di questo bellissimo disco e il "successo" di Ormai dei FBYC presumo che nessuno
oggi potrebbe permettersi di negare l'influenza sui musicisti trentenni del
gruppo italiano più importante di sempre, i Diaframma di Federico
Fiumani.
Diviso in 7 capitoli come i giorni
della settimana il disco di Havah esplora territori emotivi, le
nevrosi quotidiane, le strane dinamiche dell'anima, dipingendo
affreschi di nature intensamente vive. Appena inizia l'intro di
"Lunedì" l'atmosfera di questi giorni roventi si raffredda
portandoci dritti nell'interminabile inverno dell'anima, chitarre,
eco, e poi una drum machine marziale. "Martedì" addolcisce
le asperità e la chitarra fa da contraltare ad un basso alla "Joy Division".
"Mercoledì" raffredda ancora di più l'atmosfera, e qui,
davvero, sembra di essere trasportati nella desolata Siberia degli
anni '80, nuovamente la provincia italiana trasformata in ghiaccio,
nonostante il mare e le discoteche della riviera.
La voce di Michele è sempre impostata
su un tono basso e profondo, quasi a voler cantare con distacco i
versi sommersi delle sue canzoni. Il pezzo si chiude con una chitarra
"Fugaziana" che è una delizia e apre la strada a "Giovedì", ennesimo brano strettamente new wave tra chitarre che si inseguono su
una batteria che sostiene tutto il pezzo.
Con l'acustica "Venerdì"
inizia il week end, ma non c'è nessuna sorta di redenzione o
rilassamento e l'incipit è a dir poco esiziale: "viaggeremo in
galassie sconosciute alla velocità della luce, su navicelle spaziali
con un solo bottone del tuo colore preferito..." Manifesto di tutto quello che è il fine settimana: una bugia.
"Sabato" si sviluppa su un
riff di chitarra agrodolce che ricorda le serate fresche d'autunno
più del freddo inverno slovacco.
"Domenica" chiude il disco
con il suo ritmo veloce e la chitarra shoegaze che espande il suono
tutt'attorno come la fine nebbia d'inizio novembre.
Con "Settimana" Havah continua a sorprendere per maturità e gusto, rimescolando generi e influenze sulla linea del precedente "Adriatic Sea", disco altrettanto bello e convincente.
Una delle prove più godibili ed interessanti dell'estate,
anche se d'estate al suo interno non vi è ombra.
Un consiglio spassionato, andate a
vederli live appena passano dalle vostre parti, con il gruppo al
completo la produzione wave del disco viene praticamente cancellata
trasformando i pezzi in clamorosi affreschi di indie americano anni
'80, con le chitarre jingle jangle e le scorribande elettriche. Un
altro disco, stessa pasta però, eccellente.
Voto : ◆◆◆◆◇
Label: To Lose La Track
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