venerdì 1 marzo 2013

Minnie's - Ortografia (Recensione)

Mettiamo i puntini sulle “i”, in minuscolo. Mettiamo i punti, definiamo i “periodi”, usiamo una corretta ORTOGRAFIA, riappropriamoci del significato delle parole, ne verrà fuori qualcosa. L’ultima fatica dei Minnie’s, dall’omonimo titolo, è un po’ il diario stagionale di una generazione disincantata e non sconfitta ma delusa, che galleggia sulla “danzante merda del mondo”, trascinata dai fiumi dei desideri, ultimo appiglio alla fuga dalla quotidianità che “vive di normalità, muore di puntualità”.

Ed arriva il giorno di San Valentino di questo 2013 (per
To Lose La Track, Fallo Dischi e Neat Is Murder) , scampato alle profezie e rovinato dall’incompetenza umana. Ma di cosa parliamo quando parliamo d’amore? Di suoni, facciam prima. Tutto il resto è rumore e smancerie.
Le chitarre melodiche ne definiscono i ritmi, fan drizzare le orecchie e perché no, scodinzolare un po’.
Difficile conoscere ‘sto mondo, indispensabile capirne almeno un pezzo.
Primo brano, prima domanda, a chiedersi quanto costa un punto  interrogativo (Quanto costa una domanda?), quale prezzo abbia la chiarezza. La soluzione è la domanda stessa senza l’aspettativa della risposta. Dieci brani, trentasei minuti circa. I quattro milanesi  tornano raggianti, come il giallo-sole in copertina ( by Legno), arrampicandosi nel panorama indipendente, guardando dall’alto la distesa di nomi e proposte che ci circondano.


Eterogeneità, distorsioni, voce chiara, l’italiano. Il punk che diventa hard-core morbido, che fugge a queste definizioni quasi comiche ormai; è MUSICA, cavolo, cerchiamo di ascoltarla, più che altro.
“Chiusi in una stanza, con la musica che va” si può ascoltare il disco in attesa de “La buona stagione”, traccia n.6. Gli anni si confonderanno ai giorni per poi ricominciare “daccapo” dopo esser venuti giù da uno scivolo, come quello dei giardinetti di paese, piccoli già grandi a darsi momenti di leggerezza.
Lamentarsi è la prassi, correre: non si finisce mai di farlo, “ogni colpo è l’ultimo” ma tutto si ripete all’infinito, con il miraggio dell’estate sempre troppo breve, le bocche da baciare, il sole da oscurare chè se tutto è illuminato allora qualcosa non va.


In realtà ci si arrende, ascoltando questo disco. Ma è una resa accogliente, un semplificare chè poi non è tanto importante la forma, quanto la sostanza, per usar luoghi comuni ma sempre efficaci. Alla fine: tutto va come non deve andare però anche io non sono come dovrei. Cosa c’è ancora da predicare? Quanti specchi da infrangere per tagliare le funi a cui leghiamo i sogni impiccati da tempo ai lampadari delle nostre stanze solitarie? Tutto sommato è la tragedia a salvare il salvabile. La miseria della perdita a rendere il poco che c’è un “possessivo di bisogno”. Se le parole non dovessero esserci, insieme alla carta e al tempo, non ci dovranno nemmeno essere le condizioni per incontrarsi e ritrovarsi, abbracciarsi e non lasciarsi.


La semplificazione, come diceva Munari, è una dote faticosa, difficile da applicare.
Essere ingenui, come i bambini e i loro colori, come le virgole perse a voler continuare i pensieri, come i puntini di sospensione abusati, a volte salva, anche se è difficile proteggersi dalla noia.
Passerà; è una (ennesima) giornata, non è una favola.

Voto: 
◆◆◆◇◇
Label: Fallo Dischi/To Lose La Track/Neat is Murder


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