I critici musicali accreditati
amano parlare di “urgenza espressiva”, quando l’intenzione motrice sottesa
all’arte di un musicista irrompe con evidenza inconfondibile; al di là delle
categorie adoperate dalla stampa riconosciuta, io cerco sempre di cogliere e
comprendere il movente sentimentale e culturale che spinge un artista a dare
alle stampe o portare su un palco una determinata manifestazione di sé.
Malgrado le intenzioni genuine di cui non dubito, gli Ottovolante con il loro Re
di Quadri in Trip mi costringono a
chiedermi CE N’È BISOGNO? Non il loro bisogno: sicuramente il trio procede con
una convinzione che risulta evidente e innegabile, partorisce idee con orgoglio
materno e manda la sua prole nel mondo con una sicurezza non disonesta; io
provo a scovare qui il bisogno di un ascoltatore pronto a percorrere terreni
poco battuti o disposto a prostrarsi a emozioni soverchianti, di sconcerto
sorprendente o familiarità commovente, un ascoltatore che non può affezionarsi
a un disco di buona fattura ma dalle ascendenze troppo palesi e dal piglio che
non osa mai l’estremo. Il primo nume tutelare, come emerge da R.I.P.
Nichilismo, è Fadgadget e la
conseguente patina di nostalgia per gli anni ruggenti del dancefloor di cui il
futuro è rivestito; la scelta forse poco popolare di impiegare liriche in
italiano dirotta questa macchina del tempo a Garbo e alla new wave danzereccia filtrata dagli umori
ben poco algidi e teutonici del nostro paese. Niente di sbagliato in Sul
fronte di guerra, ovvero niente di coraggioso: il brano segue
un’elettronica che non arriva né al divertissement né alla sperimentazione tra
beat asettici e arpeggi in automatismo, virate verso accordi compatti e momenti
di piglio aggressivo. Forse come lontani epigoni guardano al Bowie di Earthling nella jungle
indifferente di Lettera per l’Ispettore Bloch, in cui finalmente le liriche balzano in primo piano, assestate con
esatto acume; i riferimenti al passato, che siano ai tanto vituperati 80s o al
decennio successivo impegnato a liberarsene, sono imprigionati nella
contemporaneità e mai arditamente, disperatamente retromani, come in Quel
gigantesco cerotto sulla porta. La
strategia degli Ottovolante funziona con più efficacia quando l’attenzione è
dirottata sulle parole benché, come accade in Edimburgo 21/12/2012, ci abituino ancora al tappeto di arpeggi e beat,
ormai così consueto da non poter essere liquidato quale semplice sottofondo. Disagio
e non oltre, in cui viene introdotta una
voce femminile che non maschera completamente un’inflessione regionale, segue
ancora la corsa di un’elettronica a briglia sciolta, sedata sul finale da
passaggi impercettibili sulla sei corde; finalmente, in Storie di
nessuno (me compreso) la voce viene
liberata dal vincolo della battuta serrata e si allarga con afflato quasi,
inevitabilmente, cantautorale, ma incrinata da un lirismo laconico che potrebbe
ricordare il cantato di Camorani negli Havah. E ancora si distende nelle trame distese di Geometria
dell’incontro tra due cerchi,
epilogo di trance liquida che dissolve il beat incalzante in fluidi anarchici.
Voto: ◆◆◇◇◇
Label: Diavoletto Netlabel
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