A volte bastano pochi elementi
per fare un disco. Un basso a due corde, una chitarra classica
distorta, una batteria minimale, pezzi costruiti su pochi accordi e
strutture ripetute all'eccesso. Da premesse simili difficilmente può
uscire qualcosa che non sia A) una palla clamorosa o B) un disco da
ricordare, e per fortuna i Moostroo fanno parte della seconda
categoria. Perchè è nei dettagli che si nasconde il segreto per
fare il salto da una barricata all'altra, e di elementi che fanno la
differenza Dulco Mazzoleni (voce e chitarra), Francesco Pontiggia
(basso) e Igor Malvestiti (batteria) ne hanno a iosa.
Gli arrangiamenti innanzitutto.
A dispetto di strutture basiche sono le punteggiature a fare la
differenza, le dinamiche che durante i pezzi riescono a far crescere
o calare la tensione quando serve. “Silvano Pistola” ha bisogno
dell'urgenza del punk? Si passano quattro piacevoli minuti a
tavoletta. “Valzerino Di Provincia” deve trasmettere
l'inquietudine di scenari senza uscita? Ecco che un blues
scarnificato e minimale prepara agli Alleluja gridati in ritornelli
granitici. I Moostroo hanno una soluzione per ogni situazione, sia
che si tratti di mostrare autoironica commiserazione come in “Mi
Sputo In Faccia” e, soprattutto, nella decadente allegria di
“Underground” che di puntare i riflettori sull'inquietante e
visionaria rappresentazione teatrale che fa da sfondo a “Il Prezzo
Del Maiale”.
Proprio quest'ultima traccia mostra ben presto il vero punto di forza della band: aiutati dalla
voce greve ed impostata di Dulco i testi colpiscono subito
l'ascoltatore, che si mostrino surreali come nella canzone di cui
sopra o ben più diretti. “Silvano Pistola” cela con la sua vena
allegra tragedie dell'incomprensione familiare, “Bacio Le Mani”
apre squarci su crepuscolari dipendenze sentimentali, “Umore Nero”
mostra con decadente ironia la fine delle illusioni (“di sicuro
oggi ho smesso di penare, almeno al funerale fatemi fumare”).
Dovunque si guardi è il sarcasmo la cifra stilistica preponderante,
un lucido sguardo che si fa beffe di tutto ed in primis di sé
stessi: come si fa ad essere più chiari in questo senso che non
urlando al mondo “mi sputo in faccia controvento, non mi lamento”
(“Mi Sputo In Faccia”)?
La macchina sonora composta da
questi tre musicisti è perfettamente oliata, congegnata in modo da
non poter prescindere da nessuno dei suoi elementi, narrativo o
sonoro che sia, per raggiungere il suo scopo. Sono storie musicate i
nove brani che compongono questo fulminante esordio, ed allo stesso
tempo è la musica a farsi veicolo di sensazioni che le sole parole
non saprebbero far scaturire. I Moostroo suonano come i primi Teatro
Degli Orrori, ma lo fanno con meno distorsioni e più eleganza,
conservando la stessa attitudine al non prendersi troppo sul serio
che, personalmente, me li ha fatti amare dopo pochissimi ascolti:
consideratemi pure di parte se, per un puro miracolo all'incontrario,
non doveste trovarlo interessante.
Label: Autoproduzione
Voto: ◆◆◆◆◇
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